Si può sopravvivere ad Halo?

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
24 Luglio 2017 - 00:30
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Anche alla luce di quanto comunicato sabato dalla FIA, Halo a quanto pare sarà il sistema in uso a partire dal 2018 per proteggere la testa dei piloti. Il Consiglio Mondiale, ostacolo ultimo alla sua introduzione, dovrebbe lasciare passare il tutto come il più generoso dei Telepass a sbarra alzata. 

Sin dai primi test in pista, Halo ha indignato l’opinione pubblica e anche diversi addetti ai lavori per motivazioni che richiamano la tradizione della Formula 1, per il suo impatto sull’estetica delle monoposto e per i dubbi sulla sua effettiva efficacia. 

I punti da tenere in considerazione sono molti, perché è Halo stesso ad impattare su diversi fronti. Il tutto si può riassumere in tre passaggi.

Per la FIA, Halo meglio di Shield e Windscreen | la FIA, tramite il suo comunicato, ha chiarito che l’introduzione del sistema per il 2018 è perentorio al fine di rispondere ad una necessità impellente, quella di aumentare il livello di sicurezza nell’ultimo punto rimasto vulnerabile in una monoposto, ovvero l’abitacolo. Il rinvio di un anno nell’implementazione non prevede quindi altre proroghe e i test effettuati portano, secondo la Federazione, alla conclusione che Halo è attualmente il miglior sistema sia rispetto al Windscreen portato in pista dalla Red Bull di Ricciardo in Russia nel 2016, sia rispetto a Shield, visto sulla Ferrari di Vettel a Silverstone nell’ultimo appuntamento.

Il fatto che degli altri due dispositivi si conosca con precisione l’evento nel quale sono stati testati è sufficiente per capire quanto, in fin dei conti, su questi sistemi alternativi sia sia speso molto meno tempo per testarli a dovere. L’idea che mi sono fatto è che Halo sia da sempre IL sistema prescelto e che i test con i cupolini siano unicamente stati un una tantum come per dire “Visto? Non abbiamo considerato solo Halo”. D’altronde, la famosa “infradito” (com’è stato rinominato) è stata provata a turno in almeno una sessione di prove libere praticamente da tutti i piloti nel corso dello scorso anno, mentre le alternative sono state viste solo per l’installation lap sulla RB12 dell’australiano e per non più di due o tre giri sulla SF70H. Una disparità di tempo dedicato abbastanza palese per sollevare dubbi sulla effettiva considerazione della FIA nei loro confronti. Il fatto che il sistema sia stato imposto nonostante il parere negativo di nove team su dieci è un altro indizio sulla volontà ferrea e rigida della FIA.

Halo è davvero efficace? | Leggendo il comunicato la FIA promuove Halo su tre fronti: gli impatti auto-auto, quelli auto-ambiente (muri o barriere in generale), quelli auto-oggetti esterni. Nel primo caso la gabbia studiata previene, come specificato, la possibilità che il casco possa essere schiacciato da un’altra auto: vengono in mente, pensando al recente passato, gli episodi di Schumacher ad Abu Dhabi nel 2010 con la Force India di Liuzzi e quello di Raikkonen con Alonso in Austria nel 2015. In entrambi gli episodi una monoposto è salita sull’altra, con il rischio per il casco di essere colpito o addirittura schiacciato. In questo senso, la FIA sostiene che la gabbia possa resistere ad un carico 15 volte superiore al peso di una monoposto. Fin qui il ragionamento fila.

Nel secondo caso la FIA parla di contatti diretti tra il casco e una barriera fissa sia questa muretto, fila di gomme o Tecpro. Non si tiene conto, però, di un dettaglio: i danni fisici non sono derivanti solo dall’impatto ma anche dalla decelerazione subita, basti pensare a quanto successo a Jules Bianchi a Suzuka. Il casco del francese era infatti sostanzialmente integro, e anche con Halo installato sulla Marussia la devastante forza G sarebbe stata probabilmente fatale.

Nel terzo caso è la FIA stessa a chiarire che Halo è capace di deviare detriti di grandi dimensioni e gran parte di quelli di piccole. Nel caso di un oggetto di proporzioni importanti Halo è quindi adatto a garantire la sicurezza del pilota. Si pensa, ad esempio, all’incidente fatale di Henry Surtees a Brands Hatch nel 2009, nel quale il figlio di John fu colpito mortalmente da una ruota, e a quello di Justin Wilson in Indycar, quando l’inglese venne fatalmente centrato da un musetto perso a Pocono nel 2015 dalla monoposto di Sage Karam, andato a muro pochi secondi prima. Per quanto riguarda i detriti di piccole dimensioni, invece, la Federazione ammette che Halo è capace di deviarne gran parte ma non il 100%, e questo è facilmente intuibile dal fatto che si tratta di un dispositivo aperto, in cui la superficie deviante è rappresentata unicamente dal profilo verticale che ancora la struttura al telaio e dalla gabbia circolare superiore. Vero è che Halo può deviare dei detriti, ma questo non significa che questi non possano essere deviati proprio verso il casco. Inoltre, oggetti di dimensioni piccole ma dal peso specifico importante saranno liberi comunque di attraversare il campo protettivo del dispositivo. Felipe Massa, nel 2009, sarebbe comunque stato colpito dalla molla persa dalla BrawnGP di Barrichello. Addirittura, un eventuale contatto con Halo avrebbe potuto deviare la molla proprio più in basso, in piena altezza visiera, con effetti devastanti. Si pone quindi una semplice questione: cosa si direbbe se un pilota venisse ferito da un detrito deviato verso il casco invece che all’esterno da Halo? 

Dal punto di vista della visibilità, sono circolati nei giorni scorsi alcuni screenshot (recuperati anche da videogame) che testimonierebbero il disturbo di Halo nella vista del pilota dall’abitacolo.

In realtà sotto questo fronte gli stessi piloti hanno affermato che il danno è minimo. Gli occhi, infatti, sono più in basso di quanto mostrato da certi screen, e il pilota inserito in abitacolo ha di fronte a sé solo la sezione verticale del dispositivo, come mostrato da questo render.

Rimane poi un altro parametro di cui tenere conto: l’uscita dall’abitacolo e relativa estrazione da parte dei commissari. Halo, al momento, è una struttura fissa che aumenta di alcuni centimetri l’altezza dell’abitacolo per quanto riguarda l’ingresso e l’uscita del pilota. Se nel primo caso non ci sono problemi o tempi da rispettare, in caso di incidente e di conseguente necessità di evacuazione dell’abitacolo in tempi stretti Halo rappresenta una difficoltà in più per il pilota. Nel caso in cui i commissari fossero costretti ad estrarre il pilota incapace di uscire autonomamente, il dispositivo comporterebbe un ulteriore disturbo nelle operazioni. 

E la tradizione? |  Passo ad una questione meno tecnica e più di cuore, ovvero la rottura con la tradizione che Halo imporrebbe, o meglio dire imporrà, con la sua introduzione in Formula 1. Si tratta di un argomento che vede contrapposte due fazioni precise: quella di chi sostiene che il Motorsport deve mantenere una percentuale di pericolosità, e quella di chi è a favore sempre e comunque della sicurezza. Credo che Halo, vista l’opposizione di gran parte degli appassionati, sia un punto di incontro per gli uni e per gli altri. 

Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato il seguente sondaggio su Twitter

Dal risultato è curioso notare come il sistema scelto (Halo) abbia raccolto il minimo dei voti, l’alternativa testata (Shield) poco di più, l’alternativa proposta da noi (cupolino chiuso) il doppio delle prime due messe insieme con i 3/4 dei votanti concordi sul lasciare tutto com’è ora. In questo credo che influisca tantissimo l’estetica di Halo, che definire aberrante rientra ancora nei complimenti. Sono infatti convinto che se la soluzione introdotta fosse diversa nell’estetica quel 74% calerebbe drasticamente. In definitiva, se si può passare sopra il fatto che si snaturi l’estetica per motivi di sicurezza, l’introduzione di Halo porta ad una reazione allergica totale anche nei confronti della sicurezza stessa.

Gli appassionati storici storcono il naso per un sistema orrendo dal punto di vista estetico che, come sottolineato, presenta anche dei punti di preoccupazione. In alcuni casi, come quello che vi proponiamo, la riluttanza porta anche all’alzare bandiera bianca.

Il messaggio può essere condivisibile o meno, ma solleva comunque delle domande. Può Halo rapprensentare, invece che un punto a favore della sicurezza, il punto totale di rottura tra gli appassionati di lunga data e la Formula 1? Quanto cambierebbe la prospettiva con un sistema diverso da Halo? Quanto la Formula 1 e gli appassionati sono disposti ad ammettere il rischio nello sport?

Parto dalla prima domanda: basta fare una ricerca sui Social per comprendere che il parere unanime riguardo Halo è devastante. Praticamente nessuno vuole vedere uno scempio simile su una monoposto di Formula 1. Come detto prima non credo che si tratti di riluttanza nei confronti della sicurezza in sé, altrimenti gli stessi appassionati si sarebbero opposti a tutto quanto è stato sviluppato a partire dal 1994, protezioni laterali, collare Hans e cavi di ritenzione delle ruote inclusi. Il fatto che l’estetica delle monoposto 2017, tornate finalmente guardabili dopo un periodo 2009-2016 amarissimo, venga subito rovinata da un dispositivo simile crea una presa di distanza totale anche nei confronti della sicurezza. Eppure io sono abbastanza certo che se si potesse evitare di piangere la morte di un pilota tutti ne saremmo felici. E qui arrivo alla seconda domanda: sì, la prospettiva con una soluzione diversa cambierebbe. Basta vedere i risultati del sondaggio: se chi ha risposto preferisce una soluzione nemmeno sviluppata a due che sono state invece testate, è evidente che la voglia di sicurezza c’è ma che il capitolo non è stato forse affrontato nel migliore dei modi. Un cupolino chiuso necessiterebbe di studi approfonditi per diversi motivi (aerazione dell’abitacolo e sgancio/apertura in primis), ma come mostrato dalla FIA nel suo primo test resta nell’immaginario il sistema più completo ed esteticamente affrontabile per risolvere il problema per quanto riguarda oggetti di piccole e grandi dimensioni.

Arrivo ora alla terza domanda: quanto siamo disposti ad ammettere il rischio nello Sport? Beh, partiamo dal presupposto che qualsiasi sistema introdotto non ne garantirà mai il totale annullamento. E non si può nemmeno accettarne l’esistenza sperando che non capiti mai nulla, perché negli ultimi tempi purtroppo abbiamo assistito alle tragedie ricordate. Io non penso che nel 2017 si guardino ancora le corse perché c’è il rischio di morire, o meglio credo che questa sensazione sia mitigata tantissimo rispetto a trenta o quarant’anni fa. Di suo, in questo la Formula 1 non è già più quella di una volta. Il fatto è che, soprattutto per quanto riguarda gli appassionati storici che hanno vissuto ere in cui la sicurezza era solo una parola del vocabolario, l’introduzione di sistemi pro-sicurezza deve essere lineare e possibilmente non invasiva. Halo è tutto tranne che non invasivo e tutto tranne che potenzialmente sicuro al 100%. Per questo le critiche sono tanto feroci. 

In conclusione | Torno, ora, alla domanda che dà il titolo all’articolo: siamo pronti a sopravvivere ad Halo? Difficile rispondere: come per tante altre novità sgradevoli forse si tratta solo di abitudine, ma il fatto che la riluttanza nei suoi confronti sia maggiore della volontà di una maggiore sicurezza è indicativo su quanto questo dispositivo sia ritenuto negativo in tutti i sensi. Il fatto che la FIA lo definisca come la soluzione al momento migliore dimostra quanto la fretta di agire spinga per introdurre il sistema ritenuto “meno peggio” piuttosto che non introdurre nulla (si dice “piuttosto che niente è meglio piuttosto”). E in questa fretta non vorrei che avesse una piccola parte di rilevanza la causa intentata nei confronti della FIA dalla famiglia di Jules.

A questo punto, a meno di stravolgimenti dell’ultimo momento post protesta globale, attendiamoci il sì definitivo del Consiglio Mondiale e venti monoposto in tenuta da spiaggia in pista. L’infradito è sempre più realtà. Durerà? Lo scopriremo.

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