Melbourne 1997: il 107% di Hill

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
24 Marzo 2017 - 16:40
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Esattamente 20 anni fa Damon Hill compì una delle imprese sportive più complicate della sua carriera. Non si trattò di una vittoria, oppure di una rimonta piena di sorpassi, ma di qualificare la sua Arrows-Yamaha per il Gran Premio d’Australia. Hill arrivò nel team gestito da Tom Walkinshaw da campione del mondo in carica, “scaricato” dalla Williams che gli preferì il tedesco Heinz-Harald Frentzen.

Portare il numero 1 sul musetto del piccolo team inglese fu rischioso, perché la struttura gestita da Walkinshaw era sicuramente in crescita, ma ben altra cosa rispetto alla Williams. Nonostante le difficoltà, la Arrows poteva contare su uno sponsor importante come la Danka, sul supporto ufficiale da parte della Yamaha per il motore e, come ultima novità, sulle nuove coperture Bridgestone al debutto nel mondiale di F1. Il compagno di squadra del pilota inglese era Pedro Paulo Diniz.

I test invernali furono difficilissimi. La nuova A18 soffriva di mancanza di carico aerodinamico e di potenza del motore Yamaha. Oltre a questi problemi la macchina si rompeva spesso, non consentendo ai piloti di macinare chilometri utili per svilupparla. La stampa parlò da subito di un Hill sotto stress per una situazione che sembrava essere molto più complicata del previsto.

Con questo clima il team partì per l’Australia, commettendo però un clamoroso errore. Nel viaggio, il sedile di Hill venne smarrito, costringendo la squadra a farne uno in extremis. Fu il preludio ad un week-end disastroso. Nelle prime libere i problemi tecnici, soprattutto di natura elettronica, non si contarono. Sia Hill che Diniz pagarono un distacco abissale dai migliori, riuscendo a restare davanti solamente alle vetture più lente, come le Tyrrell e le Lola Mastercard.

Paradossalmente, il sabato la situazione peggiorò. La nuova macchina era inguidabile soprattutto in frenata e in uscita di curva. Addirittura sembrava che sul dritto i due piloti dovessero “remare” con il volante per cercare di mantenere la traiettoria. Hill, nel giro di poche settimane, era passato dal guidare una macchina che andava sui “binari”, cioè la Williams, ad un altra che in pista non sembrava nemmeno volerci stare.

Nonostante questo, prima delle qualifiche Damon si dichiarò ottimista puntando, se possibile, addirittura alla top 10 e cercando di motivare la squadra. Ma mentre il suo ex compagno di squadra Villeneuve fece segnare un “mostruoso” 1’29”369 con la Williams FW19, ipotecando la pole, lui e Diniz finirono fuori dal limite del 107% per qualificarsi.

L’intera ora di qualifica fu un susseguirsi di giri molto lenti, con diverse soluzioni testate al fine di trovare un compromesso che potesse permettere ai due piloti di qualificarsi. A pochi minuti dal termine della sessione, Hill partì per un nuovo tentativo, in cerca del “pass” che gli permettesse di andare sulla griglia. Un giro “drammatico”, dove il campione del mondo usò tutto il suo talento per riuscire a qualificarsi.

Con il tempo di 1’35”403 prima e di 1’34”806 poi, Damon riuscì nell’impresa di qualificarsi in decima fila con il 20° tempo. Al contrario, il suo compagno di box Diniz non ce la fece, ma venne successivamente ripescato per la gara. Per Hill un sussulto d’orgoglio, ad onorare al meglio il numero 1 presente sulla sua Arrows.

Tutta questa fatica però non venne ripagata alla domenica, in gara. Durante il giro di ricognizione Hill fu costretto a parcheggiare la sua vettura a bordo pista, a causa di un problema all’acceleratore, mentre Diniz riuscì a concluderla ma distanziato di 4 giri dal vincitore Coulthard.

Nonostante questo inizio difficile, la stagione della Arrows fu un crescendo di prestazioni, con il punto più alto raggiunto nel GP d’Ungheria grazie alla vittoria sfiorata da Hill. Un 1997 difficile per l’inglese, che a fine stagione passò alla Jordan, ma che dimostrò la bontà di un pilota troppo spesso sottovalutato.

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