L’Italia e gli italiani

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
7 Settembre 2016 - 17:30
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Passati tre giorni dalla bolgia di Monza siamo ancora qui in attesa di una firma che due giorni fa, quattro settimane fa, otto mesi fa, un anno e mezzo fa, doveva essere immediatissima, scontata, decisa.

Invece siamo ancora qui, e fino a quando questa benedetta (o maledetta) firma non verrà fotografata e postata su tutti i social dell’universo, ci resta soltanto una stretta di mano che più passa il tempo più sembra un gesto per calmare gli animi dopo ulteriori mesi di prolungamento delle trattative, scontri politici con Imola e quant’altro.
A conti fatti, ad oggi, quello di domenica è stato l’ultimo Gran Premio d’Italia disputato a Monza. Sappiamo anche che il contratto non è comunque una certezza (basti vedere Hockenheim saltata nel 2015), ma nel momento in cui si dovesse concludere non credo proprio ci sarebbero altri problemi. Problemi che, invece, ci sono adesso. Ci hanno raccontato che l’accordo, ormai definitivo, non poteva essere siglato in Italia per questioni burocratiche che richiedevano l’espletamento della pratica in UK. Bene, siamo a mercoledì e, oltre a non volare una mosca, ora salta fuori anche la presunta azione legale di Imola nei confronti dell’ACI e di Ecclestone (che con Imola pare avesse già firmato qualche carta) per cercare di non lasciarsi scappare il GP di casa nostra. Al momento siamo al tutto fumo e niente arrosto, praticamente. Come da mesi a questa parte.

Dopo quello dell’Italia in quanto GP, l’altro fronte esploso clamorosamente è quello degli italiani. La vittoria in rimonta (con aiutino della Safety) di Antonio Giovinazzi in GP2 ha strabiliato tutti, anche se è da tempo che il ragazzo sta dimostrando di avere stoffa. Si è tornato a parlare degli italiani in F1, che mancano in gara ormai da quando Jarno Trulli si è ritirato alla fine del 2011.

Abbiamo quattro piloti nelle categorie minori che stanno facendo tutto sommato bene: oltre a Giovinazzi, in questo momento al top anche delle richieste dei media, abbiamo Marciello e Ghiotto in GP2 e Fuoco in GP3. Il problema, però, è sempre lo stesso: il budget. O si entra in un programma giovani che permette e garantisce, a fronte di buoni risultati, il salto di categoria, oppure il muro che separa le categorie minori della F1 è invalicabile. Al momento, l’unico junior team che ha garantito a più piloti l’arrivo in F1 da anni a questa parte è quello della Red Bull. L’anno prossimo (anche se il battesimo l’ha già avuto quest’anno) avremo la novità di Vandoorne, prodotto della Mclaren. Per la Ferrari, al momento, niente: Marciello, prima di uscire dalla FDA (e questo sarà il suo ultimo anno in GP2) ha completato alcune sessioni di prove libere con la Sauber. Il compianto Bianchi si vociferava che potesse esordire nel team ufficiale, ma purtroppo il destino ha voluto altro. Tornando indietro di qualche anno, Davide Valsecchi dopo aver vinto la GP2 nel 2012 ha fatto solo qualche giro di test nel 2013 con la Lotus e, quando c’è stata l’occasione per saltare in macchina nelle ultime due gare dell’anno al posto di Raikkonen, è stato scavalcato dai soldi di Kovalainen. Strada chiusa e addio sogni di gloria.

È lecito sperare che prima o poi cambi qualcosa, ma allo stato attuale delle cose mette un po’ di rabbia sapere che abbiamo giovani potenzialmente validi che, a meno di miracoli, non avranno chance di fare quel salto che magari sognano sin da piccoli. Mentre fa tristezza, e tanta, sapere che il premio 2.0 per una gara fantastica da parte di un italiano non è più un giro a Fiorano sulla Ferrari, ma una bella sessione al simulatore. C’è tanto di sbagliato in tutto questo, davvero.

Vorrei, ma non posso, essere ottimista. Spero di sbagliarmi completamente.

PS: avrete notato il cambio del nome del blog. Abbandonato l’impulsivo “Arrogantissimo me” ho scelto qualcosa di più immediato e associabile a me: un semplice “Seven”, dalle motivazioni che potete immaginare, anche se non proprio tutte…

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