Libri | “Volevo solo pedalare”, il ritorno di Zanardi

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
16 Ottobre 2016 - 17:15
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È arrivato a casa venerdì e ieri sera l’ho finito. Impossibile non immergersi subito in un’altra fatica (questa volta letteraria) di Alex Zanardi.

Ed è proprio con lui e il suo nuovo (nuovissimo, è uscito giovedì!) libro, “Volevo solo pedalare… ma sono inciampato in una seconda vita” (Rizzoli), che inauguro questa nuova sezioncina del sito, nella quale andremo a recensire opere nuove o anche più datate, per raccontare come il Motorsport viene visto attraverso i libri.

“Volevo solo pedalare” è scritto insieme all’amico di lunga data Gianluca Gasparini, già compagno di avventura nella prima opera “Però, Zanardi da Castel Maggiore!” che risale ormai al 2003, e che in questo nuovo libro non si è limitato a dare voce ad Alex ma si è anche proposto parlando in prima persona e anticipando le parole del suo amico.

Il libro riprende la storia conclusasi con il suo predecessore, e riparte da quel “E adesso, sotto con il resto” a chiusura di quel primo capitolo letterario, ripercorrendo tredici anni di vita di uno Zanardi che abbiamo imparato a conoscere per le imprese straordinarie sulla bocca di tutti, delle quali il protagonista racconta la parte più nascosta: i retroscena, le paure, i rischi, la tenacia e la forza di volontà necessarie a renderle da idea a sogno fino, appunto, ad impresa. Almeno agli occhi nostri, perché guai a chiamarle tali davanti a lui. Scoprirete e riscoprirete ancora una volta, leggendo ed ‘ascoltando’ le parole di Alex, l’umiltà con la quale toglie il velo di misticità da avventure dall’eco lunghissima per la sua presenza e la sua popolarità, quando anche altri nomi ed altri volti meriterebbero altrettanta risonanza mediatica.

Non è solo, però, tutto oro quello che luccica: Alex racconta anche il rovescio della medaglia, che non sono le difficoltà fisiche, ampiamente superate e trasformate in forza positiva, quanto in alcune occasioni quelle burocratiche, chiamiamole così, soprattutto legate al suo ritorno al volante.

La scoperta dell’handbike apre un nuovo mondo ad un uomo pieno di vita e idee, che si rimette in gioco in una nuova avventura con la gioia di un bambino e, con il sudore, lo sforzo e la determinazione, ottiene i risultati che conosciamo. Medaglie (il testo è aggiornato alle ultimissime conquiste di Rio), riconoscimenti, popolarità (ma questo è l’ultimo dei suoi obiettivi: anzi, non lo è proprio). Affiancato dagli amici di sempre, quelli più importanti, che lo sostengono e contribuiscono ad un ambiente sempre ottimale.

Non manca, come nel precedente libro, quell’autoironia tipica di Alex, che sa mettersi e prendersi in gioco, mostrando una personalità senza fine. E, per quanto lui sostenga di non sentirsi un uomo così speciale, è proprio leggendo le sue parole che ci si convince del contrario, ancora una volta.

Inutile dirlo: se avete letto la prima opera, questa non vi può mancare. Nel caso, si fa sempre in tempo a recuperare.

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