Le maschere di bronzo, la vergogna senza fine

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Tempo di lettura: 15 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
7 Ottobre 2014 - 00:55
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Non so da dove partire. Ci sono talmente tante cose che vorrei dire che davvero, non so da che parte del puzzle cominciare. Com’è che si dice, andare a braccio? Va bene, vado a braccio. Lo faccio quasi sempre, ma questa volta lascio che le idee escano dalla testa e passino sulla tastiera da sole.

Sono sconcertato. Inorridito. Incazzato.

Perché se anche da questa storia alcune persone la passeranno liscia, vorrà davvero dire che la F1 non esiste più. Sono sconcertato dall’atteggiamento omertoso e vergognoso di chi, per convenienza o per recitare un ruolo, ha avuto il coraggio di difendere l’operato della FIA non solo in occasione dell’incidente di Jules, ma promuovendo indirettamente anche tutto quello che abbiamo visto negli ultimi anni. Continuiamo a nasconderci dietro un dito, a raccontarci la storiella delle bandiere gialle, poi verdi, poi doppie gialle, continuiamo a prenderci per il culo quando sappiamo benissimo come stanno le cose. A chi comanda, in F1, non importa niente, e dico NIENTE, dei piloti, delle squadre, dello sport che rappresentano, dei tifosi che vengono trattati come fessi dando loro in pasto il DRS e tutte le schifezze con le quali hanno contaminato quello che un tempo era un meraviglioso sport motoristico. Contano solo ed esclusivamente i soldi, gli incassi, i dividendi a fine anno. Le ville da potersi comprare, le spiagge private dalle quali abbronzarsi gli attributi sulla pelle di chi rischia l’osso del collo a 300 all’ora. Io mi sono stufato di questa storia, e forse è arrivato il momento di condannare questo scempio.

Da cinque anni a questa parte, dal 2009, gli orari di inizio dei Gran premi asiatici vengono posticipati per permettere a qualche ben abituato europeo di dormire un paio di ore in più prima di seguire le gare. Il GP d’Australia del 2009, vinto da Button, è terminato al tramonto. Poche settimane dopo, quello della Malesia è stato interrotto per l’arrivo del classico monsone e per l’impossibilità di continuare dato il buio che stava arrivando. Il podio del GP della Corea 2010 è stato celebrato al buio. La gara di ieri, dopo una settimana nella quale non si è parlato altro che di tifoni e cataclismi naturali, è stata corsa all’orario prestabilito senza possibilità di replica. Sapete, le televisioni devono comandare, non frega niente a nessuno che si rischi di correre col buio, e non ci si può permettere di perdere spettatori perchè si cambia l’orario all’ultimo. Altrimenti si perdono SOLDI, si perde visibilità, non ci si può comprare la casa al mare alla fine dell’anno. Poi, io, sono del parere che se uno è appassionato a qualcosa non si pone problemi di orari. Non ho mai avuto difficoltà ad alzarmi alle 4 del mattino per le gare a Melbourne. Quindi, se alcuni signori rinuncerebbero ad alzarsi prima perchè devono smaltire la sbornia del sabato sera, significa che per loro non è importante seguire questo o quell’evento. E quindi trattasi di tifosi ‘inutili’.

Premesso che cambiare orario è vietato dal Dio denaro, ci sarebbe stata una possibilità per permettere a questi 22 “poveri cristi” di correre in condizioni di sicurezza, visto il sicuro arrivo dei temporali. Permettere una mezz’ora di prove extra al mattino della domenica, una sorta di warm-up una tantum, per dare alle squadre e ai piloti la possibilità, in un caso eccezionale come questo, di regolarsi. E invece no, perchè bisogna essere ligi alle regole, quando conviene. Il parco chiuso è sacro, non c’è spazio per la logica in Formula Uno nella quale regnano le porcate, l’incertezza, le variabili impazzite. Il parco chiuso è uno dei primi interventi introdotti per avviare la politica del caos. Per rimescolare le carte, per togliere il certo e favorire l’incerto. E così via la possibilità di toccare le macchine tra il sabato e la domenica. Poco importa se le qualifiche si corrono sull’asciutto e la gara è sul bagnato, o viceversa. Al sabato mattina devi prevedere che tempo farà la domenica, altrimenti puoi avere anche la miglior macchina o i migliori piloti ma non andrai da nessuna parte, perchè qualcun’altro ha le previsioni del tempo più precise delle tue. Il risultato di questa pazzia è che non esiste più un assetto ‘meccanico’ da pioggia, tutto si è standardizzato. L’unica differenza tra assetto da asciutto e bagnato è l’incidenza delle ali. Ad esempio, le Red Bull di Vettel e Ricciardo hanno sacrificato la qualifica per andare come delle lippe in gara. Semplicemente perchè avevano ali più cariche degli altri. Non si toccano più ammortizzatori e molle, me l’ha raccontato due anni fa Lucas Di Grassi con una mia faccia in risposta da ebete totale. E l’altezza da terra per evitare l’aquaplaning? Ma figurati, le gomme da bagnato hanno un diametro maggiore. E la macchina resta naturalmente più alta da terra. Peccato che poi le gomme si consumino, il battistrada cali così come l’altezza da terra. Se poi voli via fatti tuoi. Che poi parliamone, cosa possono fare gomme con intagli da 2 o 5 millimetri contro l’acqua che veniva giù a Suzuka? Nulla. Soprattutto se la macchina è comunque attaccata a terra. Ma non importa. Se sono piloti devono essere capaci di guidare anche delle bare sull’acqua. Altrimenti sono delle fighette.

Già, le fighette! Quante ne ho sentite e lette oggi sui piloti pappamolle. Esiste un esercito di professori laureati in supervisione dal divano che fa impallidire anche i più grandi movimenti religiosi al mondo. Coloro che giudicano e pensano di sapere le cose senza un minimo di cognizione di causa e pretendono anche di avere ragione. Signori miei, è molto facile dare della ‘fighetta’ ad un pilota senza mai avere indossato tuta e casco, anche da passeggeri, almeno una volta nella vita. Ho avuto la fortuna di essere passeggero qualche volta di piloti del tutto sconosciuti che mi hanno rivoltato lo stomaco, e che mi hanno insegnato che la prima cosa che bisogna portare quando si guardano delle gare di automobilismo è il rispetto per chiunque si cali in un abitacolo. Dal più forte pilota al mondo al più scarso. Perché, nonostante tutto, loro le palle per infilarsi e rischiare la vita in quei loculi a quattro ruote ce le hanno. I professionisti del divano invece no, nella maggior parte dei casi. Provateci. Andate in un kartodromo con la puzza sotto il naso, fatevi dire il tempo migliore del mese e provate a batterlo. Provate ad arrivare a 2/3 secondi di distanza da quel tempo (magari su un totale di 45/50 secondi) e a rendervi conto come succede a me che è impossibile raggiungerlo. Oppure provate, come mi è capitato, di salire su un kart completamente freddo, gomme comprese, all’aperto, al 30 dicembre con -3° e la nebbia, e a provare sulla pelle cosa significa girare il volante e sentirsi andare dritti. Provatele, queste cose, prima di giudicare un pilota come fighetta. Altrimenti abbiate la dignità di stare zitti. Se Felipe Massa ha detto che da diversi giri per lui le condizioni della pista non permettevano di correre in sicurezza, ho tutto il diritto di pensare che avesse le sue buone ragioni per affermarlo. E parliamo di un pilota che la vita l’ha già rischiata una volta e ha avuto il coraggio di tornare in macchina. Dargli della ‘fighetta’ è proprio sintomatico dell’essere completamente fuori dal mondo. Certo, Felipe si sarebbe potuto fermare se avesse voluto. Ma poi come sarebbe andata con gli sponsor, i contratti e via dicendo? Sarebbe bastato giustificare il tutto dicendo “Non ci vedevo niente?”. Io credo che a fine anno sarebbe stato silurato, per un’azione del genere. Perchè il business è sopra tutto.

Anche sopra la decenza. Ho deciso di pubblicare solo una foto dell’incidente di Jules di ieri ripresa da lontano per cronaca e di astenermi dal condividere sui social tutte le altre, e ho deciso di non pubblicare il video oggi per i minuti nei quali è stato disponibile nei canali free, tra i quali quello Youtube dell’utente che l’ha caricato. So che l’hanno fatto tutti gli altri, so che molte testate oggi hanno guadagnato tantissimo con i banner sparsi intorno alle immagini della Marussia che si infila di punta sotto la gru schiacciando il casco di Jules, so che le televisioni hanno rimbalzato il video ovunque per soddisfare la fame di incidente. Ovviamente, mentre gli account free di chi ha caricato per primo il video sono stati bloccati e censurati, su testate e tv compare tutto, perché poveracci devono guadagnare sulle disgrazie altrui. Io non ho voluto mostrare tutto questo e, detto sinceramente, non mi interessa niente se qualche lettore non ci seguirà più perchè non abbiamo fatto cronaca come gli altri, perché in alcuni casi tra ieri ed oggi più che cronaca si è fatto dello sciacallaggio puro, da miseri avvoltoi. Pubblicare come foto di copertina di alcuni articoli l’immagine straziante del delegato medico FIA che stringe tra le mani il casco di Jules esanime è quanto di più macabro e morboso si possa fare per racimolare qualche maledetto click, e non è nella mia natura. Ho pensato ai genitori di Jules, ai parenti, agli amici che erano magari lontani, e sebbene difficilmente avrebbero potuto trovare queste immagini nel nostro sito, perchè siamo tutto sommato ‘piccoli’, ho creduto e credo fermamente che sia una forma di rispetto quella di non sbattere in faccia alla gente certe immagini per avere un ‘mi piace’ in più. Se gli altri ricorrono a questo, buon per loro, siete liberi di cercare su Google altrove certi documenti.

Il video dell’incidente l’ho visto, come tutti voi, credo di poter dire. E vorrei sottolineare che un operatore della FOM riprende la scena da pochissimi metri di distanza. Mi piacerebbe comunque sapere cosa ha pensato chi, tra gli illustri personaggi che ho letto e ascoltato oggi, fino a quel momento ha puntato il dito su Bianchi perchè, insomma, “c’erano le bandiere”, “le bandiere vanno rispettate”, “Jules doveva rallentare” e via dicendo. Io credo che paventare qualsiasi colpa di Bianchi in quello che è successo, con lo stesso Jules che non può difendersi e, temo, difficilmente potrà farlo nell’immediato futuro, oltretutto senza immagini e telemetria sotto mano, sia di una superficialità senza eguali. Negli ultimi giri lo stesso Sutil ha dichiarato che praticamente non si vedeva nulla. Anche qui, mettetevi voi in un abitacolo quasi al buio, in una curva in salita e con il diluvio. E non alla Playstation. Ma soprattutto, anche ammesso che Jules abbia esagerato, quale sarebbe la sua colpa nel centrare una gru a bordo pista? Oltretutto, il fatto che andasse troppo veloce lo si può escludere guardando i dati del GPS, dai quali si evince che Jules è uscito di pista al suo primo passaggio con bandiere gialle. Infatti era davanti a Sutil quando il tedesco è uscito di pista, ed Ericsson con la Caterham è passato in quel punto ad una velocità superiore rispetto a quella della Marussia. E mancano ancora i dati della telemetria, che saranno fondamentali per capire cosa è successo veramente. Personalmente, ipotizzando dell’aquaplaning, credevo che la Marussia avesse sbattuto di 3/4 col posteriore, per poi fare da pendolo e picchiare con tutto il resto della fiancata sinistra. Invece, l’auto di Jules è arrivata dritta o, rivedendolo, leggermente in sbandata sotto la gru, cosa che sinceramente mi lascia più di un sospetto in testa. Al momento, non escludo niente, cedimenti all’anteriore, ai freni posteriori o allo sterzo compresi. Ne sapremo qualcosa, forse, nei prossimi successivi. Resta, comunque, il fatto che parlare di un errore del pilota senza avere prove in mano è pura chiacchiera da bar. Insomma, qual è il pilota che rallenta fino quasi a fermarsi sotto bandiera gialla? Ma tanto, dopo aver sentito parlare del malore di Ayrton e del fatto che fosse naturale che il volante si muovesse in ogni direzione sulla FW16 per coprire la rottura dello sterzo, dopo 20 anni non dovrei stupirmi di niente.

Eppure ci sono ancora degli atteggiamenti che mi mettono il nervoso. Come cercare di coprire o giustificare l’operato di Charlie Whiting. Ma non solo in questa occasione. Perché il buon Charlie, o chi per lui (probabilmente anche lui deve sottostare a un qualche codice di procedura – leggasi SI DEVE CORRERE) sono anni che si rende protagonista di decisioni incoerenti e totalmente ballerine. Alla fine, signori, dobbiamo essere onesti. Di gru in pista come quella di ieri se ne sono viste parecchie, negli anni, ma dato che non è mai successo nulla nessuno si è mai posto il problema. Ripenso ad Interlagos 2003, quando Schumi si appoggiò ad una Jaguar invece che alla gru subito dietro. Penso al Nurburgring 2007, quello di Hamilton ancora seduto sulla Mclaren sollevata da terra in cui Liuzzi stava per centrare in pieno proprio la Safety Car. Insomma, perchè qualcuno si ponga il problema, deve capitare sempre il fattaccio, come quello di Jules. Quello che però è scandaloso negli ultimi anni di gestione della direzione gara è la totale diversità decisionale durante i Gran Premi. Ieri, visto il peggioramento delle condizioni del tempo, Maylander sarebbe dovuto probabilmente entrare dopo l’uscita di Sutil, ma non è l’unica occasione in cui quest’anno la SLS è sembrata non esistere. Parliamo di Hockenheim, quando proprio Sutil è rimasto fermo all’uscita dell’ultima curva e ha abbandonato la sua Sauber al centro della pista. Ve la ricordate la scena? Monoposto che passavano a lato della Sauber e Safety Car inesistente, tanto da obbligare alcuni temerari commissari ad attraversare la pista per spingere fuori la monoposto. Passiamo a Spa, sempre quest’anno. Hamilton e Rosberg si toccano in fondo al Kemmel. Lewis compie un giro intero su tre ruote e con la quarta che lascia detriti in pista ovunque, soprattutto da Blanchimont in avanti. Avete per caso visto una Safety entrare per permettere ai commissari di ripulire il tracciato? Per compensare, però, la SC resta in pista per ore quando non serve, come ieri ad inizio Gran Premio quando Lewis ha preso in giro il Charlie in mondovisione via radio con quel “Dai, tra poco vado a mettere le intermedie”. O come a Singapore quando è restata in pista 19 minuti perché gli addestratissimi commissari erano intenti a raccogliere con le mani i pezzi di carbonio dell’ala persa da Perez. Altro che scopettoni. Le mani. Qualcuno, poi, ha dimenticato la Jeep della Corea del 2013?

Per favore, signori, di cosa stiamo parlando? Vogliamo prenderci in giro? Mi pare LOGICO che un delegato FIA in un gran premio nel quale succede una disgrazia simile debba fare gli interessi della Federazione. Quale sarebbe il pazzo disposto a dire che Whiting (o chi per esso, ripeto) non ne sta indovinando una? Nessuno. E infatti vige l’omertà più totale, tra addetti ai lavori, i giornalisti, chi è sovvenzionato dagli stessi sponsor che pagano il carrozzone e non può parlare. Nessuno che abbia il coraggio di denunciare una gestione assurda di questa categoria, che spinga perchè ci sia un cambiamento. Nessuno che voglia ascoltare gli appassionati, quelli che si sono stufati del DRS, dei freni elettronici, delle regole insulse. Quelli che non ne possono più di questa F1.

Lo voglio dire chiaro e tondo. La coscienza di alcune persone, dopo quello che è successo a Jules, dovrebbe diventare pesantissima. Perché questa disgrazia è la causa della superficialità mostrata negli anni e della rovina alla quale è stata portata la F1. Questa disgrazia è figlia delle auto diventate ingovernabili sull’acqua, perché costrette ad assetti scelti ‘a caso’ dal sabato. E’ figlia del business a tutti i costi, del dover portare a termine le gare in qualsiasi condizione (anche con il pericolo del tifone e il buio) per non scontentare il paese ospitante, il cui assegno da qualche serie di zeri per organizzare la gara è più importante della sicurezza degli attori principali. E non è figlia certo dell’errore di un pilota che, ammesso che l’abbia commesso (forse lo verremo a sapere, un giorno), ha tutto il diritto di uscire di pista senza trovarsi di fronte una gru da qualche tonnellata.

Questa disgrazia è figlia di chi sta usando la F1 per il proprio tornaconto personale, di chi si sta arricchendo sulle spalle di tutti, compresi coloro i quali rischiano la pelle in abitabolo. Di chi considera quello che, se per molti nostalgici è uno sport, è diventato di fatto una SPA che deve produrre unicamente profitto. E il profitto si ottiene attirando clienti e sponsor. E come li attiri, i clienti e gli sponsor, in uno spettacolo? Creando il caos. Evviva il DRS, evviva le gomme dalla durata indecifrabile, evviva la Safety Car che esce senza uno schema definito, evviva i cambi regolamentari in corsa. Evviva i Gran Premi nel deserto (anche durante le lotte civili come in Bahrain), al buio (per rivendicare la paternità dell’illuminazione italiana a Singapore), in Russia (paese dalla grande cultura motoristica).

Già, la Russia. Venerdì le macchine sono di nuovo in pista, ricordiamocelo. In un mondo umano e decente si dovrebbe avere il coraggio di fermarsi, rifiutarsi di correre, chiedere chiarezza, imporsi perché qualcosa possa cambiare. Ma non succederà, perchè il business non può permettersi pause, e qualcuno rischierebbe di restare a piedi se provasse a mettersi in mezzo al sistema, alla Casta delle maschere di bronzo (tra cui quelle di molti personaggi illustri) che continueranno a dire che tutto va bene, tutto fila liscio, la FIA opera sempre per il bene e la sicurezza di tutti.

Mentre un ragazzo di 25 anni, che inseguiva il suo sogno come tutti gli altri piloti, forse non avrà più un futuro per una Safety Car che poteva entrare e non è entrata. Per una gara che poteva essere anticipata e non è stata anticipata. Questione di scelte. Altrui. Tanto non pagano loro, nel caso.

Per quanto mi riguarda, questa è una vergogna senza fine.

#VergognaF1

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3 Commenti su “Le maschere di bronzo, la vergogna senza fine”
Leno dice:

No, non sono d’accordo.
Ne sugli argomenti o almeno non su tutti ne soprattutto sul tono (per carità anche comprensibilmente) sovraeccitato, ne sul mettere insieme in un calderone unico fatti, critiche, sensazioni, ragionamenti che poco hanno a che fare l’uno con l’altro e che spesso sono anzi in contrasto tra loro.
Provo a essere breve.
L’INCIDENTE dovuto secondo me per lo più a una serie di tragiche fatalità con qualche responsabilità.
Fatalità perché la pista era in condizioni difficili ma assolutamente non proibitive (ho sentito parlare dai soliti media generalisti che di corse non capiscono un beneamato, di pista impraticabile e di un sacco di uscite di pista quando le uniche uscite erano state quelle di Gutierrez e Suttil e diversi piloti erano sulle intermedie) e perché i commissari a livello di procedura hanno agito correttamente, fatalità perché la dinamica dell’incidente è comunque sfortunata e particolare.
Responsabilità perché certamente si poteva far uscire la SC anche se purtroppo col senno di poi è facile e soprattutto comodo distribuire le colpe ai cattivi di turno e dire “bisognava fare così”.
Queste responsabilità dovranno comunque essere valutate e perseguite per migliorare ulteriormente la sicurezza ma speriamo senza il clima da caccia alle streghe che vedo alleggiare in questi giorni.
LA FEDERAZIONE.
Sicuramente ci possono e ci devono stare le critiche alla Fia per le tante soluzioni discutibili e ipocrite di questi ultimi anni come ci possono stare quelle sull’orario spostato fatto solo a beneficio degli interessi televisivi.
Quello che secondo me non ci può stare è collegare sull’onda dell’emotività il tutto al drammatico incidente di domenica perché il DRS e il parco chiuso con quello che è successo non c’entrano niente.
Quello che non ci può stare è dire che alla Federazione non interessi l’integrità dei piloti (non solo per buon cuore ovviamente ma probabilmente anche, anzi sicuramente, perché un format con morti e feriti al giorno d’oggi non lo comprerebbe nessuno), i passi avanti fatti in questa direzione dal quel disgraziato !° maggio 1994 sono stati enormi ed evidenti tanto che oggi solo un incidente sfortunato e dalle dinamiche particolari come quello di domenica può portare alla tragedia.
Bisogna rendersi conto che la formula 1 non è mai stata così sicura e se è vero come scritto nell’articolo che il DRS, e da tutte le diavolerie odierne stanno rovinando questo sport è anche vero che il meraviglioso sport motoristico di una volta prevedeva morti e incidenti gravi praticamente a ogni stagione.
Certo si può sempre migliorare ma bisogna anche rendersi conto che nella formula 1 come nella vita l’imprevisto è sempre dietro l’angolo nonostante lo standard raggiunto n questo campo (anche sacrificando lo spettacolo, vedi partenze con la pioggia dietro la SC o l’eliminazione di piste gloriose) sia elevatissimo.

NON MOSTRARE LE IMMAGINI
Scelta personale che va rispettata ma che anche in questo caso non condivido e che alla morbosità dei media sembra contrapporre un moralismo peloso (condiviso anche dalla FIA che vuole vendere un prodotto quanto più edulcorato e fruibile possibile) che spesso ottiene l’effetto contrario contribuendo solo a una ridda di ipotesi spesso campate in aria e ad aumentare esponenzialmente l’interesse per quelle foto o quei filmati che passano questa improvvisata censura.
Fermo restando che le foto truculente non sono ovviamente adatte a tutti e che devono essere giustamente usate con cura e giudizio non vedo niente di male a mostrare il filmato dell’incidente come in questo caso anzi lo trovo doveroso per i tanti appassionati che seguono questo sport e che non meritano di essere trattati come bambini.
Del resto sono convinto che la morbosità sta nell’occhio di chi guarda e che un vero appassionato davanti a immagini come quelle di ieri cercherà semplicemente di capire la dinamica e le possibili conseguenze dell’impatto.

NON CORRERE A SOCHI
Questa uscita sinceramente me la sarei aspettata dal Corriere o dalla Repubblica, non da un appassionato di corse esperto e competente come te.
Non è certo saltando una gara che si dimostra la propria vicinanza e il proprio rispetto al dramma Jules Bianchi perché se non si corre domenica allora non si dovrebbe correre più.
Posso anche capire e rispettare per carità ma è un sentimento che non mi appartiene.
Anzi se devo dirla tutta io in momenti difficili come questo in cui l’ambiente delle corse è sotto l’attacco dei media generalisti e degli esperti della domenica, che spesso stigmatizzano o comunque non riescono a capire la passione dei veri tifosi, che mi ritrovo ancora più legato a quel che resta di questo mondo e alle sue magari assurde leggi.

Direi che è tutto.
Con immutata stima
Leno.

Dariok dice:

bravo, come sempre, Alessandro. Io quest’anno per la prima volta in assoluto, non ho guardato nemmeno una gara di F1. E le ragioni le hai esposte benissimo tu. Spero che la F1 ritorni ad essere lo sport che amo

zoolander dice:

Io personalmente ho un blog dove scrivo di F1 e di calcio e da domenica non ho più scritto niente. Non ho rilanciato nessuna immagine o video.
Mi si blocca la penna. Mi si bloccano i pensieri.
Ho 29 anni, e tra moto e auto, di queste situazioni ne ho purtroppo vissuta più di una.
E mi rendo sempre più conto che, al di là di simpatie e antipatie sportive, a questi piloti vuoi bene. E’ come se ci fosse una sorta di comunione “familiare” tra chi ama questi sport e i ragazzi che vanno in pista. E se succede qualcosa a loro, resti colpito. Svuotato, sconcertato.
Perdi sempre un po’ di più la parte “bambina” di te che giocava con le macchinine, che guardava il mondo con innocenza. Non capisci.
Sale la tristezza, la preoccupazione. Jules è un ragazzo, un pilota forte, e non puoi pensare che stia male.
Per un incidente del genere. Perchè questo è il peggior incubo possibile per chi guida. Quando vedo le gru a bordo pista, il mio primo pensiero è sempre quello di sperare che nessuno abbia guasti allo sterzo, ai freni, o alla vettura in genere. E parimenti quando vedo i commissari entrare in pista attraversandola da pazzi. Sono situazioni migliorabili, sia in situazioni estreme di bagnato, ma anche in situazioni di asciutto.
Non ha senso avere ostacoli in pista. Siano esse gru, commissari o detriti. E’ il peggiore evento possibile, non contemplabile da crash test o studi a tavolino.
Bisogna fare qualcosa alla svelta. Lo dobbiamo a quei ragazzi. Quei ragazzi che tra pochi giorni saranno ancora in pista a Sochi. E che non dovranno, innaturalmente, pensare alla paura. Dovranno sperare, e fidarsi, degli stessi capi che hanno compartecipato all’accidente di Suzuka.
Perchè recentemente abbiamo sfiorato il disastro più volte, con la Sauber di Sutil ferma in rettilineo in Germania, la jeep davanti a Vettel nel 2013. Senza fare nulla, sottolineando come fosse “andata bene”, e cullandoci in quei vent’anni senza eventi funesti dal 1994.
Detto questo, odio lo sciacallaggio del riproporre e riproporre il video e le immagini, specie una volta assodata la dinamica. Bisogna capire, ma non sfruttare le disgrazie.

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