Indycar | Intervista a Luca Filippi

IndyCarInterviste
Tempo di lettura: 7 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
2 Aprile 2016 - 17:20
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Vi proponiamo un’intervista che Luca Filippi ha rilasciato in esclusiva per Passione a 300 all’ora. Abbiamo chiesto a Luca della sua nuova avventura a tempo pieno in Indycar, delle sue prime impressioni sul 2016 e delle sue prospettive per questa stagione. Infine, due parole sulla F1 e su Halo.

Ciao Luca, grazie per questa intervista! Finalmente ti vediamo a tempo pieno al volante, come ti senti?
“Ciao ragazzi grazie a voi! Mi sento molto bene, e sono orgoglioso dei risultati che sono riuscito ad ottenere in questi ultimi anni, soprattutto in quelli più difficili. Dopo essere infatti arrivato secondo in GP2, le cose non sono state proprio semplici, facili ed automatiche, ma ci è voluto tanto lavoro dietro. Sono felice oggi di essere un pilota Indycar a tutti gli effetti, non sono tanti i piloti che hanno avuto questa opportunità e anche fortuna, e mi sento di conseguenza molto molto grato per aver raggiunto questo obiettivo. Rimango comunque con i piedi per terra perché, ovviamente, ho ancora tanto da imparare e molto lavoro da fare per diventare vincente su ogni tipo di circuito.”

Come ti trovi con il tuo nuovo team, quello di Dale Coyne?
“Mi trovo a mio agio perché c’è una buona professionalità, ma soprattutto perché è un team molto umano, che mi dà la possibilità sia di lavorare a modo mio, tranquillo e libero, sia di avere il tempo di imparare. Non è diciamo il miglior team sulla piazza, ma è una squadra che può fare bene, sono sicuro che durante la stagione potremo fare buone cose insieme, perché c’è grande motivazione di migliorare, sia dal punto di vista ovviamente dei piloti, che da un punto di vista più tecnico. Credo che ci divertiremo, soprattutto nei circuiti cittadini.”

Mentalmente come ci si sente ad affrontare una stagione piena invece di dover dimostrare il proprio valore in poche occasioni? Si è più tranquilli o la tensione è la stessa?
“Cambia tantissimo, sono stato costretto a dimostrare il mio valore in poche gare, senza test e senza allenamenti. Era un momento in cui facevo tante trasferte con Sky ed arrivavo in pista spesso stanco dai viaggi, senza il dovuto allenamento né in pista né fuori dalla pista alle spalle, e dunque non era facile. Sono state però quelle occasioni che mi hanno anche permesso di essere qui oggi, al via della stagione Indycar. Tutto sommato quindi sono servite anche quelle, hanno causato qualche errore di troppo, ma adesso posso lavorare con più serenità e prendermi meno rischi cercando di costruire il risultato poco alla volta.”

Quest’anno per te c’è la novità del dover correre sugli ovali e per te sarà la prima volta, cosa ti aspetti da questo genere di gare?
“Innanzitutto sarà davvero durissima, ma molto eccitante, sono infatti molto orgoglioso di essere entrato nel mondo dello sport americano a tutti gli effetti. Le corse su ovale tra l’altro sono una parte molto importante delle corse americane, quindi sono ben contento di iniziare anche io a farne parte. Tecnicamente bisogna dividere gli ovali in tre categorie: ci sono gli “Short Ovals”, che sono quelli più corti di un miglio, e poi ci sono “Speedway” e “Super Speedway”. Si tratta di tre animali diversi, lo Short Ovals secondo me è quello più tecnico, più per specialisti e intenditori, non credo che sarà facile. Noi abbiamo Phoenix come primo, e poi anche Iowa, che sono le due gare che mi incuriosiscono, ma che so che mi impegneranno di più, le più dure della stagione dal mio punto di vista. Poi ci sono altri circuiti magari un pochino più veloci, gli Speedway, come il Texas. Infine i Super Speedway, che credo che come guida siano le corse un pochino più simili a Indianapolis. Avremo Pocono, una pista molto particolare, strana, e un po’ unica, sarà un’altra cosa da scoprire. Questo tipo di gare, da quello che mi dicono, forse sono un pochino più vicine, tra virgolette, a quelle in cui sono abituato a correre io, e spero quindi di essere più della partita. Ma la verità è che sono sicuramente tutte corse su cui dovrò fare tanta esperienza.”

La preparazione fisica richiesta da un ovale è diversa rispetto a quella necessaria per i circuiti tradizionali o ci sono allenamenti specifici?
“No, la cosa particolare è che chi non è abituato a correre su ovale, dopo i primi giri e le prime giornate, scende dalla macchina e si sente un po’ ubriaco, non riesce a camminare dritto perché a forza di girare, ovviamente verso sinistra, si perde un po’ il senso dell’equilibrio. E’ una sensazione molto strana, ma è questione di abitudine. Mentalmente invece ci vuole tanta costanza: avere un’attenzione alla velocità così elevata per tanto tempo richiede grande concentrazione, e devo dire che questa è una delle cose più difficili, ma che dovrò imparare in fretta.”

Hai guidato la DW12 sia con motore Honda che Chevrolet, che differenze hai notato?
“I tipi di motore sono molto simili, ci sono alcuni dettagli di concezione leggermente diversi nei sistemi di gestione del motore, ma credo che come potenza, e come motore, siano abbastanza alla pari.”

Che differenza hai trovato, invece, tra le vetture 2015 e le 2016 in termini di aerokit?
“Anche in questo caso, Honda e Chevrolet sono abbastanza alla pari, soprattutto negli stradali. Negli ovali è ancora da scoprire, però le vetture sono molto belle da guidare, c’è una bella competizione. Credo che adesso abbiano trovato un buon bilanciamento tra i due motori, e la Honda ha fatto sicuramente un ottimo lavoro.”

Cosa ti aspetti in generale da questa stagione? Quali sono i tuoi obiettivi?
“Mi aspetto alcuni risultati importanti soprattutto sui cittadini e stradali. In particolare sui cittadini già a St. Petersburg poteva venire fuori un discreto risultato, nei primi cinque o primi sette anche facilmente. Quindi bisogna partire da quello e poi ovviamente l’obiettivo è imparare gli ovali, cercare di acquisire esperienze necessarie per diventare presto competitivo.”

Per il titolo Indy di questa stagione, hai una previsione?
“No, però potrebbe essere l’anno di Montoya, o anche qualche pilota Honda, come Rahal o Hunter-­Reay, che potrebbero essere della partita. Ed Helio (Castroneves)…  lui c’è sempre.”

Dal punto di vista ambientale, del paddock, che differenze noti tra il mondo americano e quello della F1?
“La Indycar è un ambiente molto friendly e amichevole, i paddock sono aperti ai tifosi che si divertono molto. E’ un bell’ambiente con cui ho un ottimo feeling, in cui sono stato accolto subito molto bene. Secondo me la Formula 1 è senza dubbio l’elite del motorsport, ma forse è anche un po’ troppo impossibile, troppo chiusa: spesso il tifoso, che ha fatto molta strada per vedere i propri idoli e le macchine, fa fatica a vederli dal vivo, e questo è un po’ un peccato.”

Ultimamente si parla dell’introduzione di una protezione per la testa dei piloti: saresti favorevole? Nel caso, ritieni Halo la soluzione giusta o pensi che possano esserci alternative?
“Sono assolutamente favorevole, mi piace l’idea in particolare dell’Halo o del concept che ha progettato la Mercedes, perché la macchina rimarrebbe comunque senza un cupolino vero e proprio e quindi sempre con il casco in vista, senza quindi modificare la natura della vettura. Dal punto di vista estetico poi ci si fa l’occhio come sempre, e se come sembra migliora la sicurezza, allora ben venga. Ci sono stati alcuni incidenti molto brutti recentemente e quindi è giusto e naturale lavorare verso quella direzione. Chi dice il contrario secondo me non ci ha pensato attentamente, si tratta di una cosa molto seria.”

In bocca al lupo per il resto della stagione e grazie ancora per la disponibilità!
“Crepi il lupo e grazie mille, è stato un piacere parlare con voi. Ciao!”

Rinnoviamo il ringraziamento a Luca per la bella intervista!

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