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  1. leopnd

    Targa Florio

    Nel 1906 un ragazzo di ventitré anni, affascinato da quel nuovo mezzo di trasporto che era l’automobile, ideò quasi per gioco quella che in seguito diventerà una delle più celebri corse automobilistiche del mondo: la Targa Florio. Il nome del giovane era Vincenzo, lo stesso che i suoi genitori, Ignazio Florio e Giovanna d’Ondes Trigonia, avevano dato al loro primo figlio, prematuramente scomparso all’età di tredici anni. Vincenzo nasce nel 1883 a Palermo, rampollo di una delle più influenti famiglie siciliane dell’epoca e fratello minore di Giulia e Ignazio. Fin dalla più tenera età , si lascia incuriosire da quelle poche e rumorose carrozze senza cavalli che vedeva sfilare per le vie della sua città . Le automobili di allora erano trabiccoli lontani anni luce dai mezzi che invadono oggi le nostre strade. Difficili da guidare, lasciavano al loro passaggio un forte odore di benzina e olio bruciato, che però sembrava non dispiacere al giovane siciliano. Vincenzo inizia a guidare poco più che adolescente, partecipa a qualche corsa amatoriale e affianca la sua passione ai primi passi nel lavoro di armatore e di imprenditore nel settore vitivinicolo. Grazie ai facoltosi mezzi della sua famiglia, riesce addirittura ad organizzare una gara lui stesso, la Coppa Florio, disputatasi nel 1905 a Brescia. Forte dell’esperienza acquisita nel nord Italia, decide di concentrare i suoi sforzi nel progettare una manifestazione analoga per le vie della sua amata Sicilia. Fu così che dopo non più di un anno la sua creatura prese vita. E’ chiaro che non poteva fare tutto da solo, si fece perciò aiutare da Henri Desgrange, un suo conoscente francese, direttore della rivista l’Auto. Raggiunse Parigi e lo convinse in poco tempo a pianificare insieme a lui tutti i dettagli della corsa. I due disegnarono un sinuoso percorso tra i monti delle Madonie, che da Bonfornello si snodava su strade di campagna, attraverso Cerda, Caltavuturo, Castellana, Petralia Sottana, Petralia Soprana, Geraci, Castelbuono, Isnello, Collesano e Campofelice di Roccella, con arrivo nella stazione di partenza presso l’antico tempio imerese dedicato alla vittoria. Questo circuito prenderà più tardi il nome di Grande Circuito delle Madonie: 150 chilometri su strade pressoché impraticabili, mulattiere pericolose non solo per il fondo sterrato, ma anche per la presenza di animali che potevano facilmente trovarsi sul percorso e per i quali l’organizzazione si era mobilitata raccomandando agli abitanti dei paesi di legare le proprie bestie durante il giorno di gara. Il comitato organizzatore si chiamava Panormitan e contava una serie di nobiluomini locali chiamati ad essere i giudici di gara, un cronometrista inglese, Gilbert Morley, che oltre a misurare il tempo di ogni pilota era anche l’allibratore ufficiale della manifestazione, due tecnici, un fotografo e un cronista, questi ultimi due inviati francesi de l’Auto. Il montepremi di cinquantamila lire veniva assegnato per tre quinti al vincitore, che riceveva in premio anche una Targa in stile Art Nouveau disegnata da René Lalique, e per la restante parte ai quattro piloti che sarebbero giunti alle sue spalle. La corsa era riservata alle sole automobili derivate dalla normale produzione, con motori a quattro o sei cilindri e alesaggio compreso tra 115 e 150 millimetri. Il peso non doveva scendere sotto li 1300 chili per le vetture da meno di ventimila lire, limite che si abbassava a 1000 chili per quelle che non superavano il valore di quindicimila lire. Il 6 maggio 1906 la prima edizione scatta alle sei in punto del mattino con dieci automobili ai nastri di partenza che dovevano ripetere per tre volte il circuito madonita. La sfida era tra italiani e francesi, con al via cinque Itala, una Fiat, una Berlier, due Clement Bauard e una Hotchkiss. La prima edizione viene vinta da Alessandro Cagno, che si vede consegnare tra le mani una vittoria insperata quando al rifornimento le auto dei due francesi Bablot e Rigal vengono “erroneamente†caricate d’acqua anziché di benzina. Il successo in termini di pubblico di questa prima Targa Florio fu tale da deciderne la replica già l’anno successivo, sempre sullo stesso percorso. In pochi anni divenne per i siciliani un appuntamento tradizionale, atteso e preparato febbrilmente dal pubblico e dai partecipanti, che iniziarono a giungere da ogni parte del mondo. I giovani di ogni contrada diventavano in quei giorni esperti ingegneri e competenti appassionati di automobilismo. Arrivavano, affrontando trasferte pionieristiche spesso difficoltose, dormendo all’aperto o in posti di fortuna, da ogni angolo dell’isola e dell’Italia per veder sfrecciare quei bolidi tra le strade di campagna e di paese, assiepandosi ai bordi delle strade al passaggio dei piloti. Proprio questo grande consenso del pubblico fece la fortuna della manifestazione che divenne in poco tempo la più famosa corsa italiana nel mondo. Il tracciato della prima Targa Florio, il Grande Circuito delle Madonie, resterà invariato fino al 1911, sebbene percorso un numero di volte diverso ad ogni edizione, fino alla creazione di tracciati alternativi, quali il Medio e il Piccolo Circuito delle Madonie. Prima di questi però, nel 1912 la Targa si svolse lungo 965 chilometri perimetrali a tutta l’isola, assumendo il nome di Giro di Sicilia. Si percorreva l’intera Trinacria in senso orario partendo da Palermo e passando per Termini Imerese, Cefalù, Messina, Taormina, Catania, Siracusa, Noto, Ragusa, Gela, Agrigento, Sciacca, Castelvetrano, Marsala, Trapani e ancora Palermo. Così per tre anni fino all’introduzione di un circuito più piccolo tra le Madonie. Si tornerà nel secondo dopoguerra a correre tre edizioni su questo tracciato leggermente modificato per accogliere anche le province di Enna e Caltanissetta. Il Medio Circuito, che toccava solamente i comuni di Cerda, Catalvuturo, Petralia, Collesano e Campofelice, fu utilizzato fino al 1930, per poi passare, dopo la sola edizione del ’31 disputata sulle strade originarie, al Piccolo Circuito delle Madonie: 72 chilometri e ben novecento curve tra Cerda, Caltavuturo, Collesano e Campofelice. Su quest’ultimo si svilupperà la corsa fino al 1977, percorso ogni anno un numero mutevole di volte, compreso tra le sette e le quattordici, con sole quattro eccezioni dal 1937 al 1940, quando la corsa si disputò in una piccola pista ricavata all’interno della città di Palermo, nel Parco della Favorita. Ventuno anni dopo la nascita della Targa vedrà i natali l’altra analoga e prestigiosa corsa italiana, la Mille Miglia, che prendendo spunto dalla tipologia di gara ideata da Vincenzo Florio, si disputerà come competizione agonistica fino ad un drammatico incidente nel 1957. E’ facile anche intuire il motivo per cui la Mille Miglia riscosse subito in quegli anni un successo pari se non maggiore a quello della Targa, realtà prestigiosa ma pur sempre legata ad un solo territorio, peraltro nell’agricolo e profondo sud italiano. Rispetto alla Targa però la Mille Miglia avrà , per quello che riguarda la sua storia di gara automobilistica, vita ben più breve, che si concluse, come detto, solo trent’anni dopo la sua nascita. Di questa corsa dal 1958, e fino ai giorni nostri, si svolgeranno solamente edizioni dimostrative, dette gare di regolarità , in cui i concorrenti si impegnano a raggiungere ogni tappa del percorso rispettando una tabella di marcia prestabilita, in pratica una sorta di sfilata. Destino diverso avrà invece la Targa, anche se in concomitanza con il tragico incidente nella Mille Miglia del ’57, per acquietare le polemiche nate a causa della pericolosità di queste manifestazioni, si correrà per quell’anno come gara di regolarità . Dal 1958 al 1973 la Targa tornerà ad essere competitiva per volere soprattutto del fondatore Vincenzo Florio, e inizierà a rivestire un’importanza capitale nel mondo delle corse automobilistiche, in quanto indosserà i panni, tra l’altro già vestiti nell’edizione del 1955, di gara titolata ai fini dei campionati mondiali di vetture Sport Prototipi e Gran Turismo. Nomi altisonanti e case costruttrici blasonate parteciperanno negli anni d’oro della manifestazione, che si concluderanno improvvisamente nel 1973, a causa di un’edizione contrassegnata da numerosi incidenti gravi, che dimostrarono come l’anacronistico circuito delle Madonie non potesse reggere il passo con l’evoluzione motoristica e velocistica delle automobili. Fu così che nel 1977, dopo altre tre edizioni corse senza lo status di gara internazionale, un grave incidente decretò la fine della manifestazione. Gabriele Ciuti, al volante della sua Osella motorizzata BMW, uscì di strada in un tratto misto che seguiva il rettilineo di Buonfornello falciando alcuni spettatori e provocando due morti e tre feriti gravi. Si decise così di porre fine alla competizione, trovando però una via diversa da quella percorsa dagli organizzatori della Mille Miglia. Venne infatti deciso di trasformare la corsa non in una gara di regolarità ma in un Rally, che prese il via l’anno successivo e che ancora oggi è la competizione fiore all’occhiello del campionato italiano assoluto. Il fascino della Targa Florio abbracciava non soltanto il pubblico, ansioso di veder passare bolidi abitualmente impegnati in autodromi sparsi per il mondo, ma anche e soprattutto i piloti, ansiosi di cimentarsi alla guida di automobili sempre più perfezionate e potenti, su anguste stradine e saliscendi impegnativi, avvolti in un contorno di ineguagliabile bellezza quale era quello delle colline siciliane. Durante il primo trentennio di manifestazione si alternarono e si sfidarono sulle strade siciliane le leggende dell’automobilismo italiano, tra cui Campari, Nuvolari, il conte Masetti (tragicamente scomparso in gara), Varzi, Borzacchini ed Enzo Ferrari. Negli anni del primo dopoguerra si disputarono la Targa i campioni della Formula 1 dell’epoca: Juan Manuel Fangio, Stirling Moss, Piero Taruffi, Eugenio Castellotti, Wolfgang Von Trips, Jacky Ickx, Graham Hill e Arturio Merzario solo per citare i più noti. Chi di loro aveva avuto occasione di partecipare sia alla Targa Florio che alla Mille Miglia, definiva quest’ultima come una passeggiata in confronto alla corsa siciliana, dove vincere rappresentava motivo di prestigio assoluto, ma il vanto era anche solo terminare una gara così selettiva senza essere uscito di strada. Il corridore simbolo di questa corsa non è però uno dei velocissimi campioni citati, bensì l’idolo di casa, Nino Vaccarella. Alla guida di una Ferrari 275 P2, ricordata come una delle più belle automobili da corsa mai realizzate, vince la sua prima Targa nel 1965, affiancato dal compianto Lorenzo Bandini. Nino nasce nel 1933 a Collesano, rimane prematuramente orfano del padre dal quale eredita la passione per la velocità e una Fiat 1100 con la quale comincerà a correre. Dopo i primi successi riuscirà a comprarsi una Lancia Aurelia 2500 con la quale parteciperà alla sua prima Targa Florio. A bordo di una Maserati debutterà nel campionato Sport 2000 dove verrà notato da Giovanni Volpi, titolare di una prestigiosa scuderia, che gli spalancherà le porte della carriera automobilistica. Nel 1963 verrà squalificato nella Targa a causa di un impassibile giudice che lo trovò sprovvisto di patente, ritiratagli qualche tempo prima a causa di un incidente stradale. Si rifarà nel 1964 vincendo il mondiale Sport Prototipi e la 24 Ore di Le Mans, e affermandosi l’anno successivo per la prima volta nella Targa. Bisserà il successo nel 1971 e nel 1975, prima di ritirarsi a vita privata. Per capire l’integrità del personaggio basti citare un episodio risalente alla 24 Ore di Le Mans vinta, quando si rifiutò di festeggiare per poter subito partire alla volta di Monteleone e presentarsi puntuale all’inizio delle lezioni nella scuola dove era preside dal giorno successivo. Il “preside volante†era appunto detto Nino Vaccarella, idolo delle folle siciliane che seppe conquistare con le sue gesta l’affetto e l’ammirazione dell’intera isola. Nella sua lunga storia, la Targa, come d’altronde ogni singola corsa automobilistica, ha dovuto fare i conti anche con tanti incidenti, alcuni purtroppo mortali. Molti generati non soltanto da errori dei piloti o da inconvenienti tecnici, ma dalla troppa foga e passione del pubblico che per veder passare i loro idoli si addensava sui marciapiedi e ai bordi delle strade anche oltre il limite del consentito. Si ricorda in particolare la scomparsa del conte Giulio Masetti, che nel 1926, a bordo della sua Delage nel corso del primo giro della corsa sul Medio Circuito delle Madonie, sbandò in una curva uscendo di strada e perdendo la vita sul colpo. In quel luogo, nei pressi di Sclafani Bagni, sorge oggi un cippo che lo ricorda. La Targa Florio fu per la Sicilia, nei suoi anni di massimo splendore, un motivo di vanto e di interesse che portò all’isola non soltanto notorietà , ma anche numerosi introiti monetari, in quanto fungeva da vetrina internazionale per un territorio ricco di risorse e dal paesaggio meraviglioso. La Targa era il punto di più alto interesse all’interno della manifestazione nota come Primavera Siciliana. Sulle famose tribune di Cerda, volute proprio da Vincenzo Florio per veder sfrecciare le automobili in tutta sicurezza, si incontravano, nei giorni della manifestazione, nobili palermitani e imprenditori da tutta la penisola, che stipulavano contratti e concludevano importanti affari. Per quanto si possa definire una corsa, una gara, una competizione, la Targa Florio è ed è sempre stata soprattutto sinonimo di Sicilia. Ha fatto emergere agli occhi del mondo i lati positivi di una terra passionale, ricca di entusiasmo popolare, di bellezze paesaggistiche e di amore per la propria storia e tradizione, non nascondendo però i disagi sociali e i dislivelli culturali di molti dei paesani che affollavano le strade. Oggi purtroppo quell’atmosfera è svanita, le automobili sono diventate troppo potenti e veloci per poter correre in sicurezza tra le vecchie strade madonite, e il Rally che oggi si disputa è un giusto tributo a quelli che sono stati gli anni d’oro di un evento irripetibile. Se però ci si vuole immergere nell’atmosfera dei tempi che furono, una sorta di porta aperta con il passato c’è ancora oggi a Collesano, centro agricolo di cinquemila abitanti alle pendici delle Madonie. Grazie a un illustre cittadino Giacinto Gargano, vi è stato aperto un bellissimo museo, dal quale emergono, in una quiete inusuale per il mondo dei motori, antichi manufatti, documenti, trofei e meravigliose fotografie di quella splendida corsa che ha rappresentato per buona parte del Novecento, il meglio della Sicilia. Testo scritto da Simone Valtieri
  2. sundance76

    Nino Vaccarella

    Oggi è scomparso il grandissimo Nino Vaccarella, il "Preside volante", fuoriclasse delle competizioni di durata tra gli anni '60 e '70. Cerco di onorarlo postando una sua bella intervista realizzata da Danilo Castellarin su "Auto d'Epoca" nel 2002.
  3. Ayrton4ever

    Giulio Masetti

    Propongo questo topic, aggiornato, sul conte Giulio Masetti anche su questi schermi. Buona lettura! Premessa Questo topic nasce da un episodio curioso e da una sorpresa che ho avuto il giorno di Natale del 2011. Quando è mancato mio nonno, abbiamo dovuto cominciare a vuotare la casa, facendo una cernita dei vari oggetti. A Natale, parlando di quest’argomento, mia zia dice: “Sai, abbiamo trovato le foto più impensate, anche due del pilota” Ho fatto un salto: “Quale pilota?”. E mia zia: “Come non sapevi che il tuo bisnonno è stato per anni aiutante e segretario del Conte Masetti?” Sono venuto in possesso delle foto ritrovate e ho deciso di aprire questo topic in onore di un pilota che conoscevo solo come uno dei pochi fiorentini dell’automobilismo. Ho messo per prime le due foto che ritraggono il conte e quella dei suoi funerali nel ’26. La strada è la centralissima Via Strozzi (si può riconoscere l’arco che porta in Piazza della Repubblica, l’incrocio tra cardo e decumano della città ai tempi che furono) e si vede un vero e proprio funerale solenne. Triste fine a parte, scusandomi in anticipo per gli errori, ho cercato di ricostruire la vita del Conte Giulio Masetti, il pilota “di famiglia”. Il conte Giulio Masetti da Bagnano nascea Firenze nel 1895 da una famiglia originaria di Vinci, nell’Empolese e sempre nell’empolese manterrà terreni e interessi, arrivando a ristrutturare personalmente castelli e ville antiche. Amando la competizione e il rischio di uno sport “nuovo”, inizia a correre, dividendo questa passione con suo fratello Carlo che come lui si cimenta nell’epopea pionieristica delle corse. Era uno dei tanti rampolli della nobiltà che si dilettava con le macchine amando la velocità , come il conte Gastone Brilli Peri, il conte Campari o la baronessa Maria Antonietta D'Avanzo. Ma era anche uno sportivo a tutto tondo praticando anche l’atletica, il tennis, l’equitazione e il ciclismo. Inizia a gareggiare poco più che venticinquenne con una Fiat vecchia di sei anni, il modello S57/14B. Dopo un quarto posto alla Targa Florio del 1919, il conte comincia a farsi vedere e a collezionare piazzamenti di prestigio: è secondo dietro ad un altro nobile, il marchese Niccolini, che con la sua Fiat trionfa nella Coppa della Consuma (il passo della Consuma a nord est di Firenze a circa 1000 metri di altitudine) e nella Parma- Poggio di Berceto. Il conte alla Targa Florio del 1919 1921, l’anno della svolta: arriva la sua prima vittoria, sempre con la Fiat, alla Targa Florio sul medio circuito delle Madonie. Il 29 maggio alla partenza della 12^ Targa Florio si trovano 38 concorrenti e campioni come Max Sailer della Mercedes, Campari, Antonio Ascari ed anche Enzo Ferrari che corre su Alfa Romeo e incontra per la prima volta Neubauer. Masetti vince in 7 ore e 25’ ad una media di 58 kmh per 4 giri e 432 Km totali davanti a Sailer e Campari su Alfa Romeo a tre minuti (!). Per il conte Masetti è un trionfo dovuto al suo stile sempre molto pulito e rispettoso della meccanica, ideale per un circuito molto tortuoso come la Targa Florio, la gara delle 1500 curve. Fu aiutato sicuramente dal suo mezzo, non troppo potente ma più agile delle favorite Alfa Romeo e Mercedes, bolidi da 4500 cc. Il conte, forte di questa vittoria, cerca di passare alla Mercedes ma i dirigenti tedeschi non credono in lui, attribuendo la vittoria più alla buona sorte che non ai meriti di Masetti. Quest’ultimo, che ha vinto come pilota privato, è arrabbiato ma non scoraggiato: acquista per suo conto una Mercedes, la dipinge di rosso, il colore dell’automobilismo internazionale dell’Italia e si presenta ai nastri di partenza della “Targa” del 1922. Il Leone delle Madonie 1922, 2 Aprile, 13^ edizione della Targa Florio; 42 concorrenti (25 arriveranno in fondo) che dalle 6,30 partono. Masetti, come detto si è arrangiato in proprio con la sua Mercedes da “privato” che affrontava i più potenti modelli ufficiali a 4 e 6 cilindri guidati da Werner, Sailer, Lautenschlacher, Minoia e Scheef. Tutti questi piloti e i loro potenti mezzi si trovarono ancora in difficoltà tra le curve strette con le loro pesanti vetture e il conte Giulio Masetti distanzia i tedeschi, i compagni di squadra e ingaggiando un bel duello con la Ballot di Goux, avversario temibilissimo, che rimane in testa fino all’inizio dell’ultimo giro. La gara si concluse con il bis vittorioso di Masetti che compie l’impresa anche perché ha recuperato 3 minuti e 54 secondi nel solo ultimo giro, battendo anche il tempo sulla distanza abbassandolo di oltre mezz'ora e vincendo alla media di 63,091 km/h. Terzo è Foresti sempre su Ballot. Masetti con la stessa macchina vincerà anche sul circuito di Brescia e arriverà terzo sempre a Brescia nella gara del chilometro lanciato. In Sicilia è ora un beniamino, i siciliani lo hanno ribattezzato il “Leone delle Madonie”, lo amano: un italiano due volte vincitore, l’ultima volta con una strepitosa rimonta e lui ricambia questo amore sia per gli isolani che per la “Targa”. Nel 1923 l’Alfa Romeo lo ingaggia come pilota ufficiale e lui, con la nuova auto, vince la Coppa della Consuma, si piazza secondo dietro a Brilli Peri ma davanti ad Ascari nel vecchio circuito del Mugello, quarto alla Targa Florio (l’anno dell’incendio) e terzo, dietro al fratello Carlo, nel Circuito di Brescia. Vince la gara in salita Susa-Moncenisio Nel 1924 è ancora un pilota ufficiale dell’Alfa Romeo. Alla guida di un’Alfa RL TF Masetti cerca il tris alla Targa Florio ma non riesce nel suo intento e la vittoria va a Werner che la eredita dal vincitore morale Ascari cui si ferma il motore a pochi metri dall’arrivo. Ascari comincia a spingere, i meccanici danno una mano ma i commissari prima impongono di riportare l’auto dov’era al momento del guasto poi lo squalificheranno e Masetti sarà secondo. Il 13 luglio è alla partenza della Prima Coppa Acerbo sul circuito di Pescara, una gara vinta da un certo Enzo Ferrari ma che il Conte non terminerà così come quelle sfortunate del Mugello, di San Sebastian e Monza. Nel 1925 fa parte della squadra inglese Sunbeam. Vince la corsa a Klausen, una corsa in salita sul passo omonimo in Svizzera quando per la prima volta indossa un casco rigido rivestito in pelle. Colleziona altri piazzamenti ma non partecipa alla sua amata Targa Florio per le proteste nate dopo il passaggio alla squadra inglese Sunbeam; il fascismo era al potere da circa tre anni e aveva già cominciato ad influenzare i media spingendo per un nazionalismo esasperato e dipingendo come traditori della patria coloro che non seguivano questa linea. Da gentleman promette a Vincenzo Florio la sua partecipazione all’edizione successiva, quella a lui fatale. 25 Aprile 1926. Masetti onora la sua promessa ed è al via della Targa Florio. Doveva correre con una Darracq ma a causa di un ritardo guida una Delage. Sono le 7,33 quando parte con la sua macchina n. 13 (della 17^ edizione…) per andare a recuperare su Albert Divo, il suo compagno di squadra. Guida bene, con la consueta irruenza ragionata, ma nei pressi di Sclafani Bagni succede l’irreparabile: per un probabile guasto ai freni, esce di strada e la macchina si cappotta, schiacciando mortalmente il pilota. Lo soccorrono subito un carabiniere e un altro pilota, Robert Benoist (asso dell’aviazione francese, campione automobilistico, insignito della legion d’Onore che morirà a Buchenwald in un campo di concentramento nazista) ma non c’è niente da fare e Masetti muore a 31 anni. La Delage si ritira dalla gara come segno di lutto, lutto che colpisce anche tutti i tifosi, in particolare i siciliani che sul circuito delle Madonie lo avevano visto vincere per due volte e gli dedicheranno un cippo per onorarne la memoria nel luogo dell’incidente. Il tributo in Sicilia I funerali, come si può vedere dalla prima foto che ho messo sono solenni, e i fasci metteranno altri cippi al Passo della Consuma e sulla Futa Il testo del cippo che è sulla Futa dice: SU QUESTO PASSO DELLA FUTA TESTIMONE DEI RIPETUTI TRIONFI NEL CIRCUITO DEL MUGELLO AUSPICE IL FASCIO DI FIRENZUOLA VOLLERO GLI AMICI SEGNATO NEL BRONZO IL NOME DEL PATRIZIO FIORENTINO CONTE GIULIO MASETTI DA BAGNANO PER RICORDARE AGLI ANIMOSI DI DOMANI NEL RINNOVATO CIMENTO LO SPIRITO DI LUI CHE TRASVOLà’ SU LE MADONIE NELLA GARA DI SICILIA A MOSTRARE COME SEMPRE SI POSSA ARDIRE PER L’ITALIA E MORIRE OVUNQUE SIA DA AFFERMARE UN PRIMATO DEL MONDO. I FASCI DI FIRENZUOLA E PIETRAMALA III GIUGNO MCMXXVII
  4. leopnd

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