Campioni per sempre | Mario Andretti, l’eroe dei due mondi

Campioni per Sempre
Tempo di lettura: 4 minuti
di Giacomo Maltinti
25 Aprile 2017 - 11:30

Uno dei campioni più completi, versatili e vincenti di sempre è l’americano di origine istriana Mario Andretti.
Appassionato sin da ragazzo di corse, motori e meccanica, il futuro campione del mondo 1978 di Formula 1 condivide col gemello Aldo le macchine con cui partecipa alle gare turismo sul finire degli anni cinquanta negli Stati Uniti.
Da qui prende il via la sua carriera che, come avverrà per molti suoi contemporanei, lo vedrà impegnato nelle categorie più disparate, dal campionato USAC alla 24 Ore di Le Mans, dalla NASCAR alla Formula 1.

L’approdo di Mario in Formula 1 è del 1968 con una Lotus ed è un debutto che non si scorda con la pole position al primo tentativo a Watkins Glen in una gara che non terminerà per la rottura della frizione.
Andretti si comporta subito bene ma non vuole lasciare completamente le gare americane per dedicarsi alla sola Formula 1 e per questo farà solo sporadiche apparizioni fino al 1975 quando completerà la sua prima stagione. In questo modo può correre le grandi classiche americane: trionfa tre volte alla 12 Ore di Sebring, nel 1967 a Daytona e nel 1969 alla cronoscalata di Pikes Peak ma soprattutto a Indianapolis.
Risulta facile capire perché, nonostante la vittoria al Gran Premio del Sudafrica con la Ferrari nel 1971, la Formula 1 non lo attragga del tutto.

La fine del 1974 vede Andretti impegnato in Formula 1 con Parnelli. I risultati sono alterni e decisamente non all’altezza della fama del pilota, tanto che alla fine del 1976 Andretti passa definitivamente alla Lotus di Chapman con cui ha concluso il campionato dopo essersi diviso tra le due scuderie ed aver chiuso in bellezza vincendo nella famigerata gara del Fuji che dà il titolo a James Hunt.

Il campionato 1977 vede la Lotus presentare il modello 78, il primo a effetto suolo. La vettura conquista quattro vittorie ma i troppi ritiri relegano il pilota al terzo posto nella classifica finale.

L’anno successivo la Lotus punta al successo e ripresenta il modello 78 per le prime cinque gare in cui arrivano comunque una vittoria in Argentina, un secondo e un quarto posto posto. Debutta quindi dal Gran Premio del Belgio il modello 79, la naturale evoluzione che Chapman presenta per puntare al titolo mondiale. Previsioni, studi, lavoro e speranze del patron della Lotus sono confermate da cinque successive vittorie di Mario che diventa campione del mondo. Tuttavia, l’obbiettivo tanto sognato è raggiunto a Monza in un clima di tristezza per la scomparsa di Ronnie Peterson, compagno di squadra e anche unico rivale per la lotta al titolo.

L’apogeo dell’avventura con la Lotus è anche l’inizio del declino: i due campionati successivi sono deludenti, Andretti coglie un solo podio, qualche sporadico piazzamento e molte delusioni. L’ultimo campionato intero è con Alfa Romeo nel 1981, un anno negativo che spinge il pilota a ritirarsi dall’impegno continuativo in Formula 1.
L’anno successivo dovrebbe partecipare alla sola gara di Long Beach con la Williams in sostituzione di Reutemann che si è ritirato poi però la Ferrari perde Villeneuve nel più terribile dei modi e Pironi. Così Enzo Ferrari in persona chiede a “Piedone” di dargli una mano per conquistare almeno il titolo costruttori che sta sfuggendo alla macchina più veloce del lotto. A Monza Mario torna e conquista la pole position e un podio che aiuta il Cavallino a conquistare il titolo. Si chiude definitivamente con l’appuntamento successivo al Caesar’s Palace la sua avventura in Formula 1.
Andretti torna stabilmente nella Formula Cart dove vince il titolo nel campionato 1984 con la scuderia Newman-Haas di cui diviene un alfiere dal 1983 al 1994, anno in cui conclude di fatto la sua strepitosa carriera che vede come splendido finale la vittoria di classe alla 24 Ore di Le Mans del 1995.

Immagine: internet (per segnalare il copyright info@passionea300allora.it)

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