Campioni per sempre | Jackie Stewart, il primo dei contemporanei

Campioni per Sempre
Tempo di lettura: 4 minuti
di Giacomo Maltinti
2 Febbraio 2017 - 16:00

John Young “Jackie” Stewart è il primo dei campioni del mondo che si possono definire contemporanei. Meno legato alla figura pionieristica del corridore pronto a sacrificare tutto, compresa la sua vita, all’automobilismo, Stewart è il primo che recita un ruolo moderno che vede nel pilota uno sportivo in grado di essere professionista remunerato e uomo immagine per aziende che lo vogliono impiegare come testimonial commerciale. Lo scozzese è anche il primo a porsi seriamente il problema della sicurezza dei piloti e ad impegnarsi attivamente in questo campo.

Figlio di un titolare di concessionario di auto, Stewart inizia la sua carriera sportiva non dall’automobilismo ma dal tiro al piattello, si specializza in questa disciplina e sfiora addirittura la partecipazione ai Giochi Olimpici prima di dedicarsi a tempo pieno alle macchine.

Dotato di un talento velocistico naturale ed evidente, si mette subito in luce nelle competizioni minori ma compie il vero salto di qualità affidando la propria carriera a Ken Tyrrell che praticamente gli sarà sempre accanto, quale team manager prima e titolare di scuderia poi.

Tyrrell ne aveva scorto le doti e, invitatolo ad un test cui partecipava anche Bruce McLaren, aveva visto il giovane scozzese regolare il forte neozelandese. Stewart ripaga la fiducia con la vittoria nella gara di contorno al Gran Premio di Montecarlo e imprese quali la vittoria alla prima gara a Snetterton sotto la pioggia con un vantaggio superiore ai quaranta secondi, di cui venti accumulati nei primi due giri.

L’approdo più naturale per un simile talento è la Formula 1, già saggiamente rifiutata in precedenza dallo scozzese che non voleva bruciarsi prematuramente e desiderava accumulare maggiore esperienza prima di affrontare la grande sfida.

L’auto del debutto nel 1965 è una BRM e Stewart impressiona da subito con una serie di sei arrivi consecutivi a punti, tra cui spiccano tre secondi posti, un terzo, un quinto e un sesto posto. Dopo il ritiro al Nurburgring arriva la prima vittoria a Monza che gli vale il terzo posto nell’anno d’esordio. Clark è irraggiungibile ma Stewart dimostra di poter essere altamente competitivo.

I successivi due anni però non sono forieri di successi per Jackie, penalizzato oltre i suoi meriti dalla fragilità della sua BRM; la sua classe emerge indiscussa ma l’affidabilità del mezzo non aiuta e arriva solo la vittoria nel Gran Premio di Montecarlo del 1966, insieme a due podi nel campionato seguente.  Il 1966 lo vede anche sfiorare la vittoria a Indianapolis che sfugge per un problema tecnico.

La prestazione è comunque tale da fargli vincere il premio di Rookie dell’Anno, nonostante il vincitore Graham Hill sia anch’esso un debuttante.    

Nel Gran Premio del Belgio 1966 poi, Stewart rimane coinvolto in un incidente a causa della pioggia, è bloccato in macchina e solo grazie al collega Bondurant, che lo libera con gli attrezzi da lavoro che trova nell’auto di uno spettatore, riesce a ricevere soccorsi. In ospedale lo curano tra sporcizia e mozziconi di sigarette così lo scozzese si convince a dedicarsi sempre più alla sicurezza degli autodromi e dei piloti, attirandosi antipatie e inimicizie.

Nel 1968, chiamato da Ken Tyrrell alla Matra, perde all’ultima gara il titolo nell’anno che vede la scomparsa di Clark, il primo scozzese volante della Formula 1, di cui però Stewart sarà degnissimo erede.

Il 1969 lo vede trionfare e laurearsi campione del mondo, vincendo cinque delle prime sei gare e sei delle prime otto. Stacca tutti gli altri, relegando il vice campione Ickx a ventisette punti di distanza. Passato alla Tyrrell, gli sfugge il bis nel 1970 a causa dell’imbattibile e sfortunato Rindt ma l’anno seguente è per la seconda volta campione, ancora una volta con largo margine sul secondo, Peterson, grazie a cinque vittorie nelle prime sette gare che diventeranno sei in totale e cui si aggiungeranno anche un secondo e un quinto posto.

Il biennio successivo vede la grande lotta con Fittipaldi e se il primo campionato vede prevalere il brasiliano, nel secondo è Stewart a vincere il terzo e ultimo titolo. Jackie ha già deciso di lasciare e alla Tyrrell François Cevert è pronto a rilevarlo come prima guida, essendo cresciuto moltissimo imparando dal fenomeno scozzese.

All’ultimo appuntamento a Watkins Glen, Stewart dovrebbe festeggiare il centesimo Gran Premio ma Cevert, che di Stewart non è solo compagno di squadra ma anche amico, muore in prova. Jackie ne è profondamente scosso e anticipa il ritiro, abbandonando le corse dopo 99 gare e 27 affermazioni in Formula 1, un record di vittorie superato solo quattordici anni dopo da Alain Prost.

Si ritira dalle piste uno dei piloti più talentuosi: poco incline all’errore, molto abile nello sviluppo della macchina e dalla pulizia di guida difficilmente eguagliabile.

Immagine: internet (per segnalare copyright info@passionea300allora.it)

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