Auguri, caro vecchio Mika!

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
28 Settembre 2016 - 17:30
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10 novembre 1995, venerdì: sono in corso le prove libere del Gran Premio d’Australia, l’ultimo corso ad Adelaide prima di passare alla nuova (e attuale) Melbourne. Dall’ultimo appuntamento dell’anno al primo, come per cambiare completamente la storia nel paese dei canguri.

In quel pomeriggio c’è anche un’altra storia che potrebbe finire di schianto: è quella di Mika Hakkinen, pilota finlandese in forza alla Mclaren alla sua seconda stagione completa. Il biondissimo finnico è titolare a Woking dalla fine del ’93, quando è subentrato al deludente Michael Andretti, attuale Manager dell’omonimo team Indycar, figlio del leggendario Mario e padre di Marco. Dopo un biennio in Lotus con alcuni ottimi risultati, Mika è approdato in Mclaren dapprima come collaudatore e poi come titolare al fianco di Sua Maestà Ayrton Senna, prossimo a lasciare Woking al termine proprio del 1993 per quella che sarà la sua tragica avventura in Williams.

In quel pomeriggio australiano, un Circus ancora in crisi d’identità dopo il terribile anno precedente potrebbe perdere uno dei suoi giovani più promettenti. Solo la fortuna fa sì che il tremendo botto dal quale Mika esce in coma, con la lingua tagliata, i denti rotti e una frattura alla base cranica non gli sia fatale. Il casco che rimbalza come una molla, libero in un abitacolo senza alcuna protezione attiva o passiva dopo aver picchiato a velocità disumana, è una delle immagini che più sono ancorate alla mia memoria storica.

Si pensa al disastro, d’altronde il botto è stato inimmaginabilmente cruento ed inevitabile. Eppure, dopo due giorni di attesa al Royal Adelaide Hospital, Mika si riprende la vita che ha tentato di sfuggirgli di mano come la sua Mclaren, esce dal coma, si rimette in forma e solo pochi mesi dopo, il 10 marzo 1996, è di nuovo al volante della sua F1, questa volta appunto a Melbourne, per una nuova stagione, come se non fosse successo nulla, o quasi.

È un nuovo inizio. Tanti dicono che da quell’incidente non si sia mai ripreso al 100%, che ne porti ancora i segni, che in qualche modo quel botto lo abbia condizionato. Passa un anno: nel 1997 la Mclaren si tinge d’argento abbandonando lo storico bicolore bianco/rosso: Mika si avvicina alla vittoria che gli sfugge, gli sfugge ma giunge, finalmente, alla fine della stagione, a Jerez. Prima vittoria all’ultima gara dell’anno, gentilmente concessa dall’ormai campione Jacques Villeneuve.

Nessuno gli deve concedere nulla, invece, nel 1998. La ruota gira a suo favore, la Mclaren MP4/13 prende il posto della Williams nel ruolo di leader. Mika si prende il titolo ai danni della Ferrari, con Schumi che si deve inchinare per il secondo anno di fila, e riporta il numero 1 sulla Mclaren che mancava dal 1992. Nel 1999 Michael rompe gamba e sogni mondiali a Silverstone, Mika è favoritissimo ma tra circostanze sfortunate, errori e un Coulthard lesionista nei confronti suoi e della Mclaren riesce ad illudere Irvine, lo scudiero Irvine, di potergli scippare il titolo con la Ferrari. Arrivano sempre a Suzuka, ma l’irlandese non ce la fa: è bis mondiale.

Il 2000 è una lotta totale con Michael, ma Mika è talmente signore che più che un avversario sembra uno scherzoso compagno di gioco. Vince lui e, tutto sommato, va bene lo stesso. A Spa mi lascia senza fiato con quel sorpasso da genio assoluto. Quel titolo, quella gara a Suzuka, a Michael gliela fa sudare ventuno camicie, una per ogni anno di astinenza rossa dal titolo iridato. Lo sforzo mentale è stato alto, altissimo. Nel 2001, mentre Michael prosegue la striscia di successi e va per la storia, Mika cala d’intensità. A Barcellona potrebbe cogliere una vittoria memorabile, con oltre mezzo minuto di vantaggio sulla Ferrari, ma la Mclaren gli cede sotto le natiche all’inizio dell’ultimo giro. Viene raccolto da Coulthard e riportato ai box tra gli applausi del pubblico. Michael scavalca le transenne e lo va ad abbracciare quasi per scusarsi per quella vittoria scippata indegnamente.

Mika vince la sua ultima corsa iridata ad Indianapolis, prima di ritirarsi e lasciare il posto al baby connazionale Kimi Raikkonen, astro nascente del circus che sta bruciando le tappe. Si ritira a 33 anni appena compiuti. Gente come Damon Hill a quell’età in F1 ci è arrivata, gente come Max Verstappen ci sembrerà già nostro nonno. Passano gli anni e, ogni tanto, il caro Mika si fa rivedere sulla griglia di partenza. Quando incontra Michael, fino all’anno del ritiro, sono sempre abbracci sinceri tra due quasi coetanei che se le sono date fin da piccoli, ma sempre con rispetto.

Oggi, il grande Mika, spegne 48 candeline, e non potevo rinunciare a dedicare un post ad un personaggio che fa parte dei miei ricordi. Un avversario leale, forte, secondo me sottovalutato. Mi piacerebbe un giorno potergli stringere la mano e confessargli quanto io lo abbia rispettato nonostante i rospi che mi ha fatto ingoiare. Perché era l’avversario ideale, l’altra metà di una rivalità che mi ha tenuto incollato al divano come nessun’altra mai potrà fare.

Auguroni, caro vecchio Mika.

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2 Commenti su “Auguri, caro vecchio Mika!”
Francesco E Ylenia dice:
Damiano Belliotti dice:

Penso che nessuno sulla faccia della terra possa disprezzare Mika. È sempre stato un signor campione, molto umano nelle sue lacrime di Monza. Incredibilmente veloce bei giri singoli e geniale nel sorpasso di Spa. Sinceramente, in mezzo a tanti bambini viziati e piagnucoloni, manca una figura di questo tipo oggi.

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