Tre PU per 21 gare: è la F1 o il WEC?

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
16 Novembre 2017 - 13:45
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Sette gare: è questa la media che dovranno percorrere le Power Unit 2018 per non incorrere in penalità in caso di utilizzo della quarta unità. Calcolando solo le distanze di gara siamo ad oltre 2.100 km. Se aggiungiamo i sabati con libere tre e qualifiche, ipotizzando che il montaggio della PU buona avvenga tra venerdì e sabato (e non sempre è così) arriviamo quasi a 3.000. Calcolando invece i weekend interi si potrebbe passare quota 4.000. 

L’esempio del Brasile è stato lampante. Hamilton, per sua stessa ammissione, ha fatto intendere che l’aver montato una PU fresca per due sole gare gli ha dato modo di spingere come un matto ricorrendo per quasi metà gara al famoso bottoncino delle magie, mentre i colleghi erano impegnati a salvaguardare le rispettive unità. Questo ha dato a lui un vantaggio e al tempo stesso ha smascherato la situazione attuale, in cui la gestione parsimoniosa delle varie componenti del Power Unit ha preso il sopravvento sulla prestazione. Il che mi convince ancor di più che la rimonta di Ricciardo sia stata ben più impegnativa sotto qualsiasi punto di vista.

Puoi spingere ma non troppo. Puoi permetterti due o tre giri folli in qualifica, ad inizio gara, ma non di più. Insomma sei castrato dal dover portare la PU al chilometraggio previsto per non far saltare medie, calcoli, distanze. Tutto bello se non stessimo parlando di F1 ma di WEC. Eppure no: la categoria regina si sta trasformando nel mondiale Endurance a ruote scoperte. Il tutto è clamorosamente assurdo.

Già, perché il messaggio che come al solito vorrebbe passare è sempre quello del contenimento dei costi, mentre sarei curioso di sapere quanto sono ingenti gli investimenti in ricerca necessari per sviluppare una Power Unit del genere: quante prove al banco, quanti motori silenziosamente testati e bruciati prima di arrivare al pezzo finale da mandare in pista.

C’erano una volta i motori da qualifica: quelli da spremere per i dodici giri del sabato prima di poterli destinare ad arredamento casalingo (di lusso, s’intende). Paradossalmente mi viene da pensare che gli investimenti non fossero molto lontani da quelli odierni, considerata anche la complessità delle attuali PU rispetto ai motori standard visti fino al 2013. Eppure ai tempi si usava non dico un motore a sessione, ma c’era molta più libertà.

E allora che senso ha tutto questo? Qual è il ragionamento che sta dietro il far girare un motore al 90% della sua potenza massima per far sì che possa durare di più? La F1 dovrebbe essere massima prestazione, non una guerra tra taxi. Perché se poi mi limiti le PU a disposizione durante l’anno ma mi fai spendere millemila miliardi in simulatori della Nasa, qualcosa non torna.

Già mi immagino le penalità a partire da metà 2018, se non da prima. A meno che qualcuno non metta mano anche a questa assurdità.

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