25 anni senza il Drake. Biografia di Enzo Ferrari – Parte 1/4

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Tempo di lettura: 18 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
14 Agosto 2013 - 16:30
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Il 14 Agosto 1988 è una data che tutti i tifosi della Ferrari, e non solo, ricordano sicuramente.La scomparsa di Enzo Ferrari, fondatore di quello che ad oggi è uno dei brand più famosi nel mondo, compie oggi un quarto di secolo. Ricordiamo la sua figura e la sua storia con una biografia in 4 puntate, firmata da Giovanni Talli e Giuseppe Annese.

Enzo Anselmo Ferrari nasce a Modena il 18 febbraio 1898 ma, a seguito di un’intensa bufera di neve che blocca tutte le strade (anche se l’archivio meteo di allora parla solo di freddo intenso e pioggia) la sua nascita viene registrata dal padre Alfredo con due giorni di ritardo, il 20 febbraio. La famiglia Ferrari sperava in una figlia femmina, visto che era già nato il primogenito Alfredo Junior detto Dino. La madre, Adalgisa Bisbini, era discendente di una antica famiglia della nobiltà rurale di Forlì mentre il padre Alfredo era di Carpi, in provincia di Modena, ed aveva avviato una prosperosa officina meccanica con oltre 30 dipendenti che permetteva alla famiglia di vivere agiatamente, infatti la sua era una delle 27 famiglie che a Modena poteva disporre di un’automobile.Nel 1908, all’età di dieci anni il padre Alfredo lo porta assieme al fratello a Bologna ad assistere alla Coppa Florio, vinta da Felice Nazzaro, facendogli scaturire la passione per l’automobilismo. Nel 1912, dopo aver visto una foto di Ralph De Palma, pilota pugliese emigrato negli USA e diventato un grande campione, Enzo decide che da grande avrebbe voluto diventare un pilota automobilistico. “La mia adolescenza ha conosciuto tre passioni dominanti, tre grandi sogni: tenore d’operetta, giornalista sportivo e corridore d’automobile. Il primo sogno sfumò per mancanza di voce e d’orecchio; il secondo resistette, ma in forma velleitaria; il terzo ebbe il suo corso, la sua evoluzione”.

La formazione scolastica di Enzo Ferrari è abbastanza lacunosa (doppia bocciatura in prima superiore) cosa che sarà motivo di rimpianto nei suoi ultimi anni.

Il 1916 è un anno tragico che vede le morti, a breve distanza l’una dall’altra, del padre per una polmonite e del fratello in seguito ad una febbre tifoidea contratta durante il servizio di volontario nella Croce Rossa.

Dopo aver trovato lavoro come istruttore alla Scuola di tornitura dei Pompieri di Modena, durante la Prima Guerra Mondiale viene arruolato nel 3° Reggimento di Artiglieria da Montagna dove si occupa di ferrare gli zoccoli dei muli dell’esercito nonostante si fosse presentato ai suoi superiori come esperto meccanico. Nel 1918 rischia la vita a causa della pleurite ma, dopo i ricoveri nei reparti dei “senza speranza” degli ospedali di Brescia e Bologna, si salva miracolosamente. Ne esce però, a soli 20 anni, fisicamente e psicologicamente distrutto.

Finita la Grande Guerra, Ferrari si trasferisce a Torino dove cerca lavoro presso la FIAT esibendo una lettera di presentazione firmata dal suo colonnello, ma la grande azienda torinese non può accollarsi tutti i reduci del conflitto e così il giovane Enzo ottiene il primo grande rifiuto della sua vita.

“Era l’inverno 1918-‘19, rigidissimo, lo ricordo con grande pena. Mi ritrovai per strada, i vestiti mi si gelavano addosso. Attraversando il Parco del Valentino, dopo aver spazzato la neve con la mano, mi lasciai cadere su di una panchina. Ero solo, mio padre e mio fratello non c’erano più. Lo sconforto mi vinse e piansi.”

Ma Ferrari non era affatto una persona disposta ad accettare di buon grado un rifiuto e trasformò il suo sconforto in rabbia e determinazione per raggiungere il proprio obiettivo. Nel capoluogo piemontese Enzo fa conoscenza con un bolognese emigrato, un certo Giovannoni, il quale lo assume nella sua azienda dove si trasformano vecchi autocarri leggeri in autotelai da carrozzare. Il suo compito è di collaudarli e condurli fino alla Carrozzeria Italo-Argentina di Milano, imparando così a guidare.

A Milano conosce Ugo Sivocci, collaudatore della CMN (Costruzioni Meccaniche Nazionali), che ne favorisce l’assunzione nell’azienda stessa in qualità di collaudatore, lavoro che svolge con gioia. Proprio al volante di una CMN il ventunenne Enzo Ferrari intraprende la sua carriera di pilota automobilistico partecipando alla Parma-Poggio di Berceto del 5 ottobre 1919 classificandosi 4° di categoria.

Sull’onda dell’entusiasmo, Ferrari e Sivocci si recano in Sicilia per correre la Targa Florio. Durante il trasferimento la loro CMN (la vettura che poi useranno per la gara) viene bloccata su un altopiano abruzzese da una bufera di neve e accerchiata da un branco di lupi che Ferrari riesce a scacciare solo esplodendo alcuni colpi con la sua pistola.

Nel 1920 inizia a correre con l’Alfa Romeo con la quale conquista il 2° posto assoluto alla Targa Florio che gli frutta un premio di Lire 12.000, paragonabili a 12.000 Euro odierni. A metà novembre Enzo Ferrari conquista la prima vittoria nella categoria “Macchine di Serie” imponendosi al Chilometro Lanciato di Gallarate. Al ritorno verso Milano l’euforico Enzo tampona niente meno che Antonio Ascari pilota affermato e padre del futuro campione del mondo di F1, Alberto.

Dopo una parentesi con una mediocre Isotta Fraschini IM, pagata con una montagna di cambiali, il ventiduenne Enzo si rivolge di nuovo all’amico Sivocci che lo presenta all’ingegner Giorgio Rimini, uomo intelligente e ricco di entusiasmo nonché braccio destro di Nicola Romeo, presidente dell’Alfa Romeo. La figura dell’ingegner Rimini sarà l’esempio a cui si ispirerà Ferrari per la costituzione della sua  Scuderia.

Con una Alfa Romeo ES Sport a disposizione, Ferrari vive un momento felice ed inizia anche la sua storia d’amore con Laura Domenica Garello, una ragazza di Torino che frequentava assiduamente i locali dove si ritrovavano gli appassionati di automobilismo e che lo segue come un’ombra.

“Mi sono sposato giovanissimo, intorno al 1920. Non ricordo la data esatta perché ho smarrito il libretto di matrimonio”.

In realtà il matrimonio con Laura avverrà solo il 28 aprile 1923, anche se la loro unione è osteggiata da entrambe le famiglie e il pessimo rapporto tra mamma Adalgisa e la giovane sposa, creerà più di un problema all’esuberante Enzo.

Il rapporto con l’Alfa Romeo va sempre più consolidandosi con l’arrivo del motorista Luigi Bazzi, convinto da Ferrari a lasciare la FIAT al fine di elaborare il progetto dell’Alfa P1 ma proprio durante le prove del Gran Premio di Monza Sivocci esce di strada perdendo la vita.

L’unica vittoria del 1923 arriva a Ravenna, sul circuito del Savio, al volante dell’Alfa RL. Tra le autorità presenti alla manifestazione spiccano i genitori dell’Asso dell’aeronautica italiana Francesco Baracca la cui madre, contessa Paolina Biancoli, rimane colpita dal coraggio e dall’audacia del giovane pilota. La nobildonna gli consegna così il simbolo che il leggendario aviatore portava sulla carlinga del suo SPAD XIII dicendogli: “Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna”. Da buon modenese Ferrari aggiunge il colore giallo canarino come sfondo dell’emblema ma quello stemma apparirà sul cofano delle Alfa Romeo iscritte dalla Scuderia Ferrari alla 24 Ore di Spa solo il 9 luglio 1932 per distinguere le sue vetture da quelle ufficiali che sfoggiavano invece un quadrifoglio.

Nel frattempo Ferrari comincia a trasformasi da pilota in manager e consiglia ai dirigenti dell’Alfa Romeo di ingaggiare l’ingegner Vittorio Jano della FIAT, un tecnico nei confronti del quale nutre un’immensa fiducia. Da lì a poco, al Portello, Jano comincia a progettare, nel segreto più assoluto, la mitica P2 e stringe una sincera amicizia con Ferrari. L’ingegner Rimini, riconoscendone l’intuito avuto, promuove Ferrari a pilota ufficiale per il 1924. In questa stagione, sempre al volante della ES, vince il Chilometro Lanciato al Salone di Ginevra, poi il Circuito del Polesine e, di nuovo, il Circuito del Savio dove batte un giovane emergente: Tazio Nuvolari.

In giugno debutta la nuova Alfa P2, un bolide capace di raggiungere i 195 kmh, affidata ai più esperti Giuseppe Campari e Antonio Ascari. La superiorità di questa autovettura sarà tale da estromettere la FIAT e gli Agnelli dal mondo delle corse. Anche Enzo, al volante della vecchia RL Targa Florio, ottiene un successo significativo sbaragliando la concorrenza della Mercedes nella prima edizione della Coppa Acerbo disputata sul Circuito di Pescara. Questa vittoria, la più prestigiosa della sua carriera, regala a Ferrari una superba coppa d’argento, un premio di Lire 5.000 e il titolo di Cavaliere della Corona d’Italia, la prima delle tante onorificenze di cui sarà insignito.

Il giorno successivo lo squadrone Alfa composto da Ferrari, Ascari e Campari parte per il Gran Premio di Francia ma, misteriosamente, il ventiseienne Enzo torna a casa, rinuncia a correre e pone termine, quasi definitivamente, alla sua carriera di pilota. Le cause della rinuncia non saranno mai completamente svelate; lui stesso dirà che si trattò di esaurimento nervoso. Riprenderà il volante tre anni dopo ma parteciperà solo a qualche gara per dedicarsi essenzialmente al ruolo di imprenditore alla guida, insieme alla madre Adalgisa, delle Concessionarie Alfa Romeo di Modena e Bologna. Inoltre Ferrari è sempre presente ai box dell’Alfa per rendersi utile nelle varie situazioni delle corse fino a quando nel 1925, in seguito alla morte in gara di Antonio Ascari e al pesante indebitamento dell’azienda, la casa del Portello decide di ritirarsi dalle corse. L’ingegner Romeo viene estromesso dall’azienda, è costretto a cedere il suo pacchetto azionario e viene sostituito da Pasquale Gallo, nominato Direttore Generale dal Governo Mussolini.

I rapporti Alfa Romeo-Ferrari restano ottimi e così Enzo può cominciare a vivere più tranquillamente anche in virtù di una migliorata situazione economica. Quello che però non funziona più è il rapporto con la moglie Laura in quanto l’irrequieto marito, represso nel ruolo di venditore di auto, cerca distrazione altrove. Nel 1927 ricomincia a correre con l’Alfa 6C imponendosi in alcune gare minori affiancato dal meccanico Peppino Verdelli che diventerà poi il suo autista personale per oltre quaranta anni. In questo anno Ferrari viene inoltre nominato Commendatore.

Nel novembre del 1929 Ferrari partecipa, assieme ad altri piloti, ad una cena alla Casa del Fascio di Bologna in onore di due illustri personaggi del mondo dei motori: Baconin Borzacchini, che aveva appena conquistato il record mondiale sui 10 km, e Alfieri Maserati, costruttore dell’omonima vettura a 16 cilindri. Al termine della cena, sentendo i commensali lamentarsi per i costi insostenibili delle corse, Ferrari prende la parola dicendo: “Ma scusate, basta fondare una scuderia!”. Dopo un primo momento di stupore, il bergamasco Mario Tadini ed il ferrarese Alfredo Caniato, entrambi imprenditori, consci della competenza del loro interlocutore accettano la sfida e si propongono come finanziatori della società. Trovati i finanziatori, Ferrari decide di coinvolgere direttamente l’Alfa Romeo, grazie alla conoscenza di Jano, proponendo una strettissima collaborazione: “I nostri rispettivi interessi non divergeranno mai. L’Alfa corre a singhiozzo, la mia Scuderia garantisce continuità. Altro vantaggio, quando vinco, vince l’Alfa; quando perdo, perde la Scuderia. Offro azioni in cambio di assistenza tecnica. Mi sembra un accordo soddisfacente per entrambe le parti. A voi decidere.”  Dopo la risposta positiva dell’Alfa, Ferrari incassa anche il sì della Pirelli per la fornitura ufficiale delle gomme.

Il 16 novembre 1929, presso lo studio dell’avvocato Enzo Levi, padre del giornalista Arrigo, viene fondato il sodalizio.

Il capitale sociale di 200.000 Lire è così diviso: fratelli Caniato 130.000 Lire; Alfa Romeo 10.000 Lire; Pirelli 5.000 Lire; Ferruccio Testi (fotografo) 5.000 Lire; Enzo Ferrari 50.000 Lire. Alfredo Caniato è il Presidente, Enzo Ferrari è Consigliere Delegato, Mario Tadini è Consigliere. Il nome della Scuderia originariamente suggerito da Ferrari è Mutina, il nome latino di Modena, ma i soci preferiscono che sia proprio lui a dare il nome alla società. Viene quindi registrata in tribunale il 29 novembre 1929 la Società Anonima Scuderia Ferrari.

Per dare lustro al neonato sodalizio, Ferrari ingaggia Giuseppe Campari, il miglior pilota italiano rimasto dopo le tragiche scomparse di Antonio Ascari e Pietro Bordino. Inoltre Ferrari decide di trasferire l’attività in una sede appropriata situata sempre a Modena in Viale Ciro Menotti che, dal 1933, sarà ridenominato Viale Trento e Trieste. I soci di maggioranza non possono fare fronte al cachet e così Ferrari, nel gennaio del 1930, chiede ed ottiene un fido di un milione di Lire alla Banca di San Geminiano. La collaborazione con questo istituto di credito continuerà negli anni a venire, tant’è che a tutt’oggi il Banco di San Geminiano e San Prospero ha uno sportello attivo all’interno degli stabilimenti della Ferrari S.p.A.

Ferrari ottiene anche altri finanziamenti da industrie come Shell, Bosch, Rudge Withworth e Champion in cambio di pubblicità gratuita sui camion che trasportano le vetture e sulla pubblicazione che Ferrari si propone di editare a fine stagione.

Il miglior “colpo di mercato” arriva con l’ingaggio di Tazio Nuvolari, fresco vincitore della Mille Miglia. In quel momento il “Mantovano Volante” è conosciuto unicamente come asso del motociclismo ma sarà proprio lui a regalare la prima vittoria a Ferrari portando al successo la P2 nella Trieste-Opicina del 1930. Nasce così il più famoso binomio dell’automobilismo italiano. La Scuderia partecipa a 22 gare, totalizza 8 vittorie e parecchi altri ottimi piazzamenti avvalendosi della collaborazione di ben 50 piloti che non ricevono un vero e proprio salario ma una percentuale sui premi delle vittorie.

Nel 1931 Enzo Ferrari pone fine alla sua carriera di pilota quando viene a conoscenza della sua prossima paternità. “Quando la vita mi mise di fronte al fatto compiuto, a mio figlio, fui indotto alla meditazione. Mio figlio poteva contare su un modesto benessere, frutto della mia complessa attività. Ma mio figlio aveva il diritto di aspettarsi da me anche altro” .

Pilota senza infamia e senza lode, il trentatreenne modenese conterà la partecipazione a 41 gare, 9 delle quali concluse sul gradino più alto del podio.

Nell’ultima partecipazione, il Circuito delle Tre Provincie, che si disputa a Porretta Terme, viene battuto con fatica dal grande Tazio Nuvolari che si congratula con… il suo datore di lavoro! “Per batterti mi hai costretto a lavorare come finora non avevo fatto mai”.

Il 19 gennaio 1932 nasce Alfredo, detto Dino, che catalizza su di sé l’amore del padre a discapito della sempre più emarginata madre Laura. Addirittura Ferrari intreccia una relazione molto importante con un’impiegata della carrozzeria Orlandi di Modena, Lina Lardi, di dieci anni più giovane di lui. Nello stesso anno prende piede la sua vocazione di costruttore quando decide di elaborare le Alfa Romeo 8C Monza per contrastare la concorrenza di Bugatti, Maserati e Mercedes. I fatti gli danno ragione e, a fine anno, le vittorie sono 13.

L’inizio del 1932 segna, inoltre, un importantissimo cambiamento all’interno della struttura societaria quando Tadini e i fratelli Caniato, spaventati dal livello raggiunto dalla Scuderia, chiedono di cedere le proprie azioni che vengono rilevate dal conte Carlo Felice Trossi, un personaggio ben inserito negli ambienti finanziari e quindi molto ben visto da Enzo Ferrari.

La passione di Enzo Ferrari non si ferma alle quattro ruote e così decide di ampliare l’attività della propria Scuderia gestendo con successo anche alcune motociclette Norton e Rudge con le quali Piero Taruffi, Giordano Aldrighetti, Aldo Pigorini e Guglielmo Sandri conquistano 3 titoli nazionali e 44 vittorie tra il mese di marzo del 1932 e l’agosto del 1934. Purtroppo gli elevati costi di gestione e la riduzione dei contributi da parte delle Case motoristiche costrinsero Ferrari a chiudere l’attività della Scuderia Ferrari Moto.

Nell’autunno del 1932 si verifica un episodio chiave nella storia della Scuderia più famosa nel mondo. Si diffonde la notizia che dall’anno seguente l’Alfa Romeo sarà accorpata all’IRI (Istituto di Ricostruzione Industriale), un ente creato dal Governo per salvare le banche e le aziende in difficoltà. Il responsabile, Alberto Beneduce, vuole riconvertire la fabbrica per la produzione di motori destinati all’aeronautica militare ma, quando ormai per Ferrari i sogni stanno per svanire nel nulla, interviene Benito Mussolini che impone a Beneduce di continuare la produzione di automobili. Il funzionario deve obbedire ma decide comunque di porre fine all’attività agonistica dell’Alfa che viene affidata completamente a Ferrari tramite la cessione delle sei P3 già costruite e l’assistenza dello staff di Vittorio Jano.

L’anno successivo si verifica il primo grande conflitto tra Ferrari ed un suo pilota. Tazio Nuvolari è convinto di essere lui il principale artefice dei successi sportivi ed economici della Scuderia e pretende un riconoscimento maggiore. Da par suo, il boss della squadra gli risponde che gode già di un contratto privilegiato col quale ha intascato oltre 700.000 Lire nel 1932. Nuvolari non si rassegna e pone un ultimatum, esigendo che la Scuderia sia ridenominata in Scuderia Nuvolari-Ferrari ferme restando le sue richieste di maggiori riconoscimenti. E’ la goccia che fa traboccare il vaso. Ferrari non cede e fra i due si arriva alla rottura. Nel mese di agosto Nuvolari abbandona la squadra imitato da lì a poco da Borzacchini e Taruffi e la faccenda finisce in tribunale.

Il nuovo assetto della scuderia prevede che sia Luigi Fagioli il nuovo caposquadra affiancato da Louis Chiron, Giuseppe Campari e Guy Moll. Questi ultimi due saranno presto vittime di incidenti mortali che ne troncheranno la carriera. L’ingaggio più importante è però quello di Achille Varzi che continua a far vincere l’Alfa Romeo mentre Nuvolari si prende una piccola rivincita personale vincendo una gara a Modena, in casa del “nemico”, al volante della rivale Maserati. Anche l’idillio con Varzi si conclude burrascosamente alla fine del 1934 (a dimostrazione del fatto che Enzo Ferrari non si è mai lasciato “pestare i piedi” nemmeno dai grandi campioni) quando il novarese decide di andare a correre con le emergenti Auto Union.

Nel gennaio del 1935, grazie alla mediazione di Vittorio Jano, Nuvolari si accorda di nuovo con Ferrari spuntando anche questa volta un contratto vantaggioso. Il ricostituito binomio deve fare fronte anche all’avanzata delle auto tedesche fortemente appoggiata dal Terzo Reich al fine di dimostrare la superiorità della Germania sul resto del mondo. Nascono così le leggendarie sfide contro gli assi dell’Auto Union; Rudolf Caracciola e Berndt Rosemeyer.

Il 15 giugno, sull’autostrada Firenze-Mare, Nuvolari infligge il primo durissimo colpo ai tedeschi battendo il record di velocità sul chilometro lanciato al volante dell’Alfa Bimotore, il primo prototipo realizzato nell’officina di Viale Trento e Trieste. La vettura, che montava due motori per una cilindrata complessiva di oltre 6300 cc, non aveva conseguito risultati di rilievo nelle competizioni a causa dell’eccessiva potenza e della scarsa maneggevolezza ma in questa occasione demolisce i precedenti primati facendo segnare la media di oltre 323 kmh e una punta massima di 336 kmh nonostante il forte vento laterale la facesse sbandare paurosamente. Il commento di Tazio Nuvolari fu impressionante: “Fino a quel giorno non avevo affrontato un pericolo così tremendo”.

A fine luglio l’umiliazione per i tedeschi è ancora più grande quando, invitati al Nurburgring come “vittime sacrificali” della potenza teutonica, Nuvolari e l‘Alfa P3 battono la Mercedes di Manfred von Brauchitsch provocando l’ira del Fuhrer presente in tribuna. Ben presto però le Silber Pfeile prenderanno il sopravvento e l’operato di Ferrari viene messo in discussione dalla dirigenza dell’Alfa Romeo. Per riconquistare la fiducia persa, il lungimirante imprenditore modenese decide di andare a correre la Coppa Vanderbilt, una gara di prestigio mondiale che si disputa a Long Island, vicino a New York. Ferrari conta sul fatto che non vi parteciperanno le case tedesche e che le marche americane non sono all’altezza dell’Alfa 12C. Anche Mussolini appoggia la trasferta della compagine italiana a bordo del transatlantico Rex intravedendo anche una ghiotta opportunità politica. Nuvolari sbaraglia il campo davanti a 200.000 spettatori incassando un premio di $ 32.000 ed un enorme trofeo e, soprattutto, restituendo a Ferrari, grazie all’incredibile ritorno di immagine, quell’aura di invincibilità che stava sfumando.

Nel 1937 Ugo Gobbato, direttore generale dell’Alfa, acquista per conto della Casa del Portello l’80% delle azioni della Scuderia Ferrari rassicurando Enzo sulla indipendenza della sua gestione sportiva. Grazie a questa transazione Ferrari, assieme all’ingegner Gioacchino Colombo (allievo e sostituto di Vittorio Jano), progetta l’Alfetta 158 che nel 1950 conquisterà il primo titolo mondiale di F1 con Nino Farina.

Nel corso del 1938, a causa delle ingerenze del regime fascista, Gobbato decide di liquidare la Scuderia Ferrari e nomina Enzo direttore della neonata Scuderia Alfa Corse. La storia della Ferrari sembra così terminare dopo aver conseguito 126 vittorie su 225 gare disputate nell’arco di 8 anni.

Con il congruo assegno di liquidazione (si parla di Lire 920.000) Ferrari accetta di non realizzare vetture con il proprio nome per un periodo di quattro anni. Il nuovo incarico di direttore dell’Alfa va stretto a Ferrari che, dopo il passaggio di Nuvolari all’Auto Union, non può esprimere il proprio genio e inoltre è costretto a vivere a Milano. I rapporti con Gobbato si incrinano e nel novembre del ’39 Enzo Ferrari viene licenziato. “Lasciai l’Alfa per dimostrare a quelli dell’Alfa chi io fossi: un proposito ambizioso, tale da rovinare un uomo”.

Fine prima parte.

Seconda parte

Giovanni Talli e Giuseppe Annese

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